Recensione redatta da Valerkis
Tra i candidati quest’anno al premio Oscar come miglior film internazionale, c’è stato anche questo film diretto dal regista tedesco Wim Wenders per una produzione giapponese. La vicenda ci porta in una storia che affronta la quotidianità in una maniera più frivola e diretta del previsto.
Hirayama (Koji Yakusho) è un addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo e si considera da subito una persona precisa in quello che fa quotidianamente. Il tutto è ripetitivo ogni giorno. Lui lavora e si occupa principalmente di quello. Inoltre riesce anche a catturare qualche attimo, scattando fotografie per poi svilupparle. Ogni tanto si concede anche di prendersi qualcosa da bere in un bar, ascolta musica, legge libri e poi ripete il suo giro. Per dei momenti non sarà solo, ci saranno a fare compagnia il collega Takashi (Tokio Emoto) e sua nipote Niko (Arisa Nakano) che lo verrà a trovare e trascorrere così delle giornate insieme.
Alla fine della visione di questo film, mi sono ritrovato di fronte al chiarimento di alcuni dubbi posti su tutto quanto. Sinceramente devo dire di essere d’accordo sul fatto che non abbia vinto l’Oscar perché, a mio parere, risulta essere una storia indecifrabile su determinati aspetti, anzi su uno in particolare: i sogni. In questa vicenda sono frammentati e indicano il passaggio tra il reale e l’irreale, tra un giorno e l’altro. Quando Hirayama esce fuori dal sogno, ritorna alla sua vita ed è contento di godersi…il momento. Godersi l’attimo. Quello che a volte dimentichiamo. Spesso non apprezziamo molte cose importanti e semplici che veramente la vita potrebbe risultare meno complicata di quanto lo sia effettivamente. Ci dimentichiamo, per l'appunto, della semplicità e includerla, a volte, non è semplice. Hirayama è un bellissimo personaggio, vorrei conoscerlo per davvero per quanto mi è piaciuto: preciso, eligio al lavoro, analogico (non ha i social, lo smartphone, ascolta le audiocassette e ha ancora la macchinetta con i rullini. Lo adoro!) e soprattutto di poche parole. Il silenzio, a volte ci dimentichiamo anche di quello, criticandolo troppo e apprezzandolo sempre di meno. La sua vita piace e a me è piaciuta la bellissima interpretazione di Koji Yakusho (congratulazioni per aver vinto a Cannes nel 2023, la Palma d’Oro come miglior attore). Wim Wenders e Takuma Takasaki scrivono insieme una sceneggiatura che ha sicuramente degli aspetti da rivedere per decifrare meglio dei momenti incomprensibili all’occhio dello spettatore e non comprendendo molti dettagli del protagonista, ma apprezzando sicuramente la sua quotidianità diversa dalla massa. Avrei arricchito la costruzione del protagonista e di come è arrivato a vivere in solitudine e in quel determinato stile di vita. Devo dire che, in fondo, mi è piaciuto assistere a questo tipo di mistero perché non risulta troppo predominante ma da perfetto sfondo alla riflessione posta sulla vicenda. Vuole essere sia una sceneggiatura semplice e sia complessa, che non si definisce e purtroppo non ha funzionato al 100%. Sono stato contento dell’idea presa dai due sceneggiatori di autoprodursi questo film e quindi significa che entrambi hanno creduto notevolmente al loro progetto, portandolo a termine e realizzando tutte le riprese necessarie. Apprezzato!
La fotografia curata da Franz Lustig assume un duplice aspetto: la regia viene accompagnata da essa e diventa anche parte integrante della vicenda, perché il nostro protagonista la esercita immortalando l’attimo e la sua esistenza sul pianeta. La fotografia è un’arte!
Le interpretazioni sono notevoli, soprattutto quelle di Yakusho e Nakano. Della Nakano ho apprezzato la sua curiosità per lo zio misterioso e di poche parole che quotidianamente vuole creare del bene alla collettività, rimanendo proporzionata. Infine, ho visto un film del quale consiglierei, comunque, la visione perché non posso dire che sia stato brutto. Dovremo concederci determinati momenti che creano del personale e irripetibile benessere e apprezzare quelle piccole cose che ci sfuggono e dimentichiamo, rischiando di far morire così la loro essenza. Wim Wenders è riuscito in questo ed era principalmente quello che voleva fare e il consiglio che vi posso dare, è quello di cercare di analizzare i dettagli sulla semplice quotidianità che ci sfugge facilmente.
Mi verrebbe da ripensare alla formula del successo secondo Einstein per un attimo e credo proprio che Hirayama, in questa formula, rientra perfettamente e allora posso dire che sicuramente avrà ottenuto il successo meritato (cosa che effettivamente è stato per l’attore). Lavoro, nel complesso, buono in ogni forma che la semplicità riesce ad assumere.