Recensione redatta da Valerkis
Siamo nel 1994. Invece no, a livello di trama siamo negli anni ’30 del Novecento. Nel cuore degli Stati Uniti, dove la quotidianità è influenzata da vari aspetti, a partire da un’imminente crisi in arrivo. Ma non sarà questa la caratteristica principale del film, ovvero sarà tutt’altro. Woody Allen nel 1994 ancora determinava la sua regia puramente satirica e movimentata al suo tempo.
David Shayne (John Cusack) è un drammaturgo che vuole portare in scena il suo nuovo spettacolo e l’impresario non ha minimamente intenzione di produrlo. Però gli troverà chi può farlo al suo posto, il gangster Nick Valenti (Joe Viterelli). Un gangster? Si, esatto. Ma ad una condizione: far recitare Olive Neal (Jennifer Tilly), una ballerina di un nightclub. Shayne si trova in pieno disaccordo e poi, convinto del buon risultato che potrebbe uscire fuori, decide di portare in scena questo spettacolo finanziato attraverso i malaffari. Nonostante ciò, Shayne è orgoglioso di far recitare un’attrice di fama come Helen Sinclair (Dianne Wiest), stella di Broadway. Inoltre ci saranno altri personaggi importanti come l’attore Warner Purcell (Jim Broadbent) e Cheech, lo scagnozzo del boss Valenti che controllerà e accompagnerà Olive alle prove. Tutti i personaggi alla fine vogliono raggiungere il proprio scopo, definendo questa vicenda puramente corale e assai movimentata.
Come ho detto ora, risulta corale, dato che ogni personaggio si incontra con l’altro ed è movimentata perché la vicenda affronta il lato teatrale della storia; il lato personale e contorto del protagonista e il lato più drastico, cioè quello della gang e di come si sono occupati della messa in scena. Perlopiù tutta la storia risulta essere una messa in scena, secondo me! Ognuno interpreta una parte nella parte e Woody Allen fa risaltare registicamente questo aspetto, devo dire notevole agli occhi dello spettatore. John Cusack interpreta un personaggio che ne esce fuori da questa storia a tutti gli effetti vincitore sentimentalmente e perdente nel lato artistico. Dianne Wiest è stata fenomenale, tanto da vincere il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista nel 1995, interpretando un personaggio bellissimo, a mio parere, che assume ogni sfumatura di una donna di teatro, giocando con le proprie maschere e con le enfasi giuste da mostrare agli occhi del personaggio di David Shayne, come attrice e come persona. Gli altri sono stati perfetti boss o scagnozzi, perfette imbranate che si ritrovano su un palcoscenico all'improvviso, oppure dei buoni personaggi contribuenti alla corretta andatura della vicenda. Insomma la parte recitativa è azzeccata. Sia il soggetto sia la sceneggiatura (scritti entrambi dallo stesso Allen e Douglas McGrath) costituiscono una vicenda non troppo articolata di fondo, ma inserendo elementi dove avevano l’importante compito di tenere in piedi il contenuto presente nella scrittura, determinando le conseguenze previste. I personaggi sono l’elemento chiave della sceneggiatura. A livello estetico mi esprimo ben poco, dato che la fotografia è risultata adatta e la colonna sonora pienamente caratterizzata dal jazz che accompagna le scene e nel susseguirsi degli eventi. Classico di Woody Allen.
Si tratta di una bella storia, di una vicenda non troppo complessa ma non da sottovalutare, sia per l’importanza del personaggio in sé e di come la vita, a volte, viene coinvolta in determinati eventi, che alla fine ti rendi conto non vale la pena perseguire. Si è presentata all’interno un’esecuzione difficile, strana, improponibile, però una cosa è certa…sarà sicuramente un successo!