giovedì 30 maggio 2024

Due poli si attraggono, si sa



Recensione redatta da Valerkis

Credo che la commedia italiana attuale, quando riesce, ci regala delle piccole sorprese. Questo è un caso. Il film diretto da Max Croci ha una storia assolutamente leggera, spensierata e non richiede molta attenzione nel seguirlo, ma ci sono dei particolari che rendono unica la vicenda e personalmente mi hanno colpito.

Stefano (Luca Argentero) e Claudia (Sarah Felberbaum) sono due poli opposti in persona: idee diverse e atteggiamenti diversi. Però date numerose circostanze, si attraggono e si uniscono, conoscendosi e comprendendo che tra loro c’è qualcosa di profondo nel rapporto passato e presente tra i due. L’unione finale è merito anche del fratello di Claudia, Alessandro (Giampaolo Morelli) e dal rapporto instaurato anche con il figlio di Claudia, Luca (Riccardo Russo).

Partiamo dai fattori che mi hanno fatto reputare questo film unico nel suo genere: innanzitutto Max Croci ha avuto sempre questa capacità di rendere ogni vicenda leggera a suo modo nel film che ha diretto, rendendola registicamente non troppo elaborata. Potrebbe essere una storia scontata dal punto di vista amoroso e posso darvi ragione, ma grazie ai caratteri contrastanti dei protagonisti e comuni al tempo stesso, si definisce il loro rapporto. Personalmente ho trovato anche una certa spensieratezza nell’interpretazione da parte dei protagonisti e la vicenda è stata resa così frivola, quasi da azzerare ogni pizzico di sotto dramma che può esserci in una commedia (in questo caso c’era Luca vittima di bullismo). 

Gli sceneggiatori sono ben otto e credo sia stata anche esagerata questa scelta, secondo me. Otto persone per scrivere una vicenda che trasmette leggerezza in un rapporto tra uomo e donna di puro contrasto ma così ravvicinato (vi risparmio l’elenco). Vi posso indicare chi ha scritto il soggetto però, Gianluca Ansanelli e Tito Buffulini. Si prendono in considerazione molte tematiche in una vicenda di neanche un’ora e mezza di durata: bullismo, amore, divorzio, complicità nei rapporti, diversità, difficoltà nel ruolo del genitore e così via. Luca Argentero si è dimostrato nella sua interpretazione pienamente proporzionato, modesto e semplice, per quanto gli riguarda. La Felberbaum è stata più incisiva nel rapporto tra i due, anche perché è stata la più schizzinosa, rigida e al contempo appassionata da chi la corteggiava. Comunque il personaggio di Argentero, alla fine, è stato un aiutante predominante per lei, nel lato amoroso e nel lato paterno nei confronti di Luca, avendo così finalmente un punto di riferimento. Morelli è stato un buon personaggio che ha fatto da spalla, soprattutto per Stefano e il resto dei personaggi, sono stati poco incisivi nella vicenda, tranne la produttrice televisiva Carolina (Grazia Schiavo).

Non vorrei criticare gli aspetti estetici, perché non ce n’è bisogno. Non sono stati troppo elaborati e particolari nel dettaglio. Semplici e definiti, come questo film si è mostrato nel complesso. 

Spero che in qualche modo possa arrivare il messaggio di come l’esordio alla regia di un lungometraggio per Max Croci sia stato buono, anche per rispecchiare l’etica di quella parte di commedia italiana che a noi, tutto sommato, potrebbe farci rilassare un attimo. Non vorrei andare troppo sul personale, ma ha lasciato impresso come quello era un periodo di pura spensieratezza, dove i tabù e i pregiudizi scatenati attualmente dai social non erano ancora diffusi su larga scala nei confronti della società e così da esserne influenzata. Ho apprezzato una vicenda che racconta tuttavia delle tematiche importanti, tra cui anche l’amore, nella maniera né troppo fiabesca né troppo elaborata. Piaciuto, apprezzato e da rivedere ancora. Alle coppie piacerà sicuramente, ne sono certo.


mercoledì 15 maggio 2024

Signori siamo a Broadway e sicuramente sarà un successo!


Recensione redatta da Valerkis


Siamo nel 1994. Invece no, a livello di trama siamo negli anni ’30 del Novecento. Nel cuore degli Stati Uniti, dove la quotidianità è influenzata da vari aspetti, a partire da un’imminente crisi in arrivo. Ma non sarà questa la caratteristica principale del film, ovvero sarà tutt’altro. Woody Allen nel 1994 ancora determinava la sua regia puramente satirica e movimentata al suo tempo. 

David Shayne (John Cusack) è un drammaturgo che vuole portare in scena il suo nuovo spettacolo e l’impresario non ha minimamente intenzione di produrlo. Però gli troverà chi può farlo al suo posto, il gangster Nick Valenti (Joe Viterelli). Un gangster? Si, esatto. Ma ad una condizione: far recitare Olive Neal (Jennifer Tilly), una ballerina di un nightclub. Shayne si trova in pieno disaccordo e poi, convinto del buon risultato che potrebbe uscire fuori, decide di portare in scena questo spettacolo finanziato attraverso i malaffari. Nonostante ciò, Shayne è orgoglioso di far recitare un’attrice di fama come Helen Sinclair (Dianne Wiest), stella di Broadway. Inoltre ci saranno altri personaggi importanti come l’attore Warner Purcell (Jim Broadbent) e Cheech, lo scagnozzo del boss Valenti che controllerà e accompagnerà Olive alle prove. Tutti i personaggi alla fine vogliono raggiungere il proprio scopo, definendo questa vicenda puramente corale e assai movimentata.

Come ho detto ora, risulta corale, dato che ogni personaggio si incontra con l’altro ed è movimentata perché la vicenda affronta il lato teatrale della storia; il lato personale e contorto del protagonista e il lato più drastico, cioè quello della gang e di come si sono occupati della messa in scena. Perlopiù tutta la storia risulta essere una messa in scena, secondo me! Ognuno interpreta una parte nella parte e Woody Allen fa risaltare registicamente questo aspetto, devo dire notevole agli occhi dello spettatore. John Cusack interpreta un personaggio che ne esce fuori da questa storia a tutti gli effetti vincitore sentimentalmente e perdente nel lato artistico. Dianne Wiest è stata fenomenale, tanto da vincere il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista nel 1995, interpretando un personaggio bellissimo, a mio parere, che assume ogni sfumatura di una donna di teatro, giocando con le proprie maschere e con le enfasi giuste da mostrare agli occhi del personaggio di David Shayne, come attrice e come persona. Gli altri sono stati perfetti boss o scagnozzi, perfette imbranate che si ritrovano su un palcoscenico all'improvviso, oppure dei buoni personaggi contribuenti alla corretta andatura della vicenda. Insomma la parte recitativa è azzeccata. Sia il soggetto sia la sceneggiatura (scritti entrambi dallo stesso Allen e Douglas McGrath) costituiscono una vicenda non troppo articolata di fondo, ma inserendo elementi dove avevano l’importante compito di tenere in piedi il contenuto presente nella scrittura, determinando le conseguenze previste. I personaggi sono l’elemento chiave della sceneggiatura. A livello estetico mi esprimo ben poco, dato che la fotografia è risultata adatta e la colonna sonora pienamente caratterizzata dal jazz che accompagna le scene e nel susseguirsi degli eventi. Classico di Woody Allen.

Si tratta di una bella storia, di una vicenda non troppo complessa ma non da sottovalutare, sia per l’importanza del personaggio in sé e di come la vita, a volte, viene coinvolta in determinati eventi, che alla fine ti rendi conto non vale la pena perseguire. Si è presentata all’interno un’esecuzione difficile, strana, improponibile, però una cosa è certa…sarà sicuramente un successo!

  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...