venerdì 22 aprile 2022

RITORNO AL FUTURO (ma nel presente)

 

Una recensione ideata e redatta da Rickers in collaborazione con Valerkis.

Inutile girarci attorno: Ritorno al Futuro ha segnato la storia del cinema. Reso icona e pezzo forte del cinema anni ottanta e rimasto poi immortale fino ai giorni nostri come imperdibile pellicola cult, Zemeckis con questo film è riuscito a scolpire indelebilmente il suo nome nella storia del cinema americano e mondiale grazie al perfetto mix di comicità, scienza e stravaganza proprie di un film “alla Ritorno al Futuro”.

In cabina di regia troviamo quindi Robert Zemeckis, in forte ascesa dopo il successo de “All'inseguimento della Pietra Verde”, mentre come attori principali troviamo Michael J. Fox che interpreta Marty McFly, un ragazzo come tanti che però ha come amico lo strambo quanto geniale Emmett Brown, interpretato da Christopher Lloyd, uno scienziato che sogna di viaggiare nel tempo. “Doc” Brown trasforma quindi una DeLorean in una macchina del tempo, convinto di poter realizzare il suo sogno. Tuttavia una serie di eventi catastrofici spingeranno Marty ad usare la macchina e a tornare indietro nel tempo, precisamente agli anni cinquanta. Marty quindi deve riuscire a tornare “nel futuro” cercando al tempo stesso di evitare il collasso del continuum tempo-spazio.

Il film (datato 1985), tramite trama, sceneggiatura e personaggi, offre uno scorcio curioso e interessante della società dell’epoca. In quegli anni era in atto un vero e proprio mutamento generazionale; i più giovani avevano attuato un cambiamento di mentalità e di cultura, dettato principalmente dal contesto storico in cui si trovavano (si era ancora in un forte clima di Guerra Fredda), evolvendo da una generazione più “proto-pop” ad una veramente “pop”. Tutto ciò si riflette in Ritorno al Futuro, con lo scontro generazionale parte integrante delle vicende: la ribelle disciplina con cui i padri erano cresciuti contro la sfrontatezza quasi sfacciata dei figli. Bravo Zemeckis (che in questo caso si rivela anche sceneggiatore insieme a Bob Gale) a fondere con dinamismo periodi storici completamente agli antipodi e trovando allo stesso tempo il modo di incorporare aspetti attuali della società dell’epoca. La regia riflette questa linea di pensiero, grazie ai frequentissimi primi piani e alle inquadrature sui personaggi protagonisti delle scene. Non mancano sbavature dal punto di vista della regia, in cui è evidente che ci fosse inesperienza nella cinepresa di Zemeckis, con alcune scene poco fluide e altre rivedibili. Errori che comunque non inficiano assolutamente la fruizione del film, ma che alla lunga possono dare fastidio all’occhio più attento. Una pecca su cui è impossibile chiudere un occhio sono gli effetti speciali; già scricchiolanti all’epoca ma tutto sommato accettabili, oggi proprio non si riesce a non rimanere indifferenti di fronte alla tremenda fatica con cui stanno si trascinando da quasi quarant’anni a questa parte… Ora torniamo alle cose belle però: l’intero cast è stato eccezionale nell’interpretazione dei personaggi. Un Michael J. Fox superlativo e un Christopher Lloyd in forma smagliante consegnano alla pellicola un fascino ancora più nostalgico e intramontabile. Se aggiungiamo il doppiaggio (soprattutto quello italiano) si rende il tutto, se possibile, ancora più immortale. A differenza degli effetti speciali, il comparto audio è rimasto ancora oggi eccezionale e godibile al massimo (basti pensare che il film si è meritato la statuetta dorata dell’Academy come miglior montaggio sonoro ed era in corsa per il miglior sonoro). La colonna sonora, composta dal maestro Alan Silvestri (esatto, lo stesso che ha composto le musiche dei vari Avengers), è ancora oggi ricordata come una delle più iconiche soundtrack mai composte, grazie all’uso di tecniche e tecnologie avanzate per quegli anni. Per finire la theme song, “The Power Of Love” di Huey Lewis e dei suoi News e ancora oggi ricordata come uno degli inni intramontabili degli anni ottanta, è stata candidata come “miglior canzone originale” ai Premi Oscar 1986.

In dirittura di arrivo ritengo personalmente che Ritorno al Futuro possa essere visto come la perfetta incarnazione della classica cultura pop anni ottanta. Un film che attraverso i personaggi, le ambientazioni e la musica riesce nell’intento di trasmettere allo spettatore “una fetta di vita” della società dell’epoca. Non rappresenta certo il miglior film della storia del cinema, ma con il suo stile energico ed esuberante riesce a catturare lo spettatore e a coinvolgerlo al massimo. Tra i suoi punti di forza senz’altro c’è questa sua capacità di far immergere lo spettatore fino in fondo nelle ambientazioni e nelle vicende della pellicola. La regia efficace nel suo intento ma non impeccabile e gli effetti speciali davvero pessimi non hanno assolutamente intaccato le musiche splendide, l’ottimo recitato, la trama e l’atmosfera che hanno contribuito a rendere leggendario questo film. Raccomando la visione di questo film allo spettatore casual ma anche e soprattutto al classico fan del filone fantascientifico, che di sicuro troverà questo film particolare ma soddisfacente nel suo insieme.

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