Esattamente cinque anni fa, mentre sentivo una delle canzoni presenti in questo film, se non la canzone portante della storia, ovvero “By This River” di Brian Eno, mi ritrovo su YouTube tra i video consigliati un montaggio di alcune scene di questo film che mi ha interessato fin da subito e così me lo sono recuperato immediatamente. La canzone di Eno è molto toccante e ti avvolge nella piena angoscia e tristezza che trasmette. Già al tempo avevo detto la mia opinione in una ripresa personale conservata con cura, ma con pochissima analisi e direi anche imbarazzante. Avevo fatto un’analisi in completo “spoiler” e ribadendo concetti (scontati) sulla comprensione di come i figli per i genitori, sono una cosa preziosa frutto del loro amore (giustissimo, ma si può dire qualcos’altro?!).
Cinque anni dopo, con più passione e maturità acquisita rispetto alla prima stesura, ci sarebbe qualcos’altro da dire.
Però prima la trama: Giovanni (interpretato da Nanni Moretti) è uno psicoanalista che vive in una famiglia pienamente benestante e non può lamentarsi di nulla. Insieme a lui ci sono la moglie Paola (interpretata da Laura Morante) che lavora in una casa editrice e poi ci sono i figli Andrea (interpretato da Giuseppe Sanfelice) e Irene (interpretata da Jasmine Trinca, al suo esordio in carriera appena diplomata alle scuole superiori). La famiglia protagonista viene influenzata da fatti che riguardano Andrea per vari motivi: il primo riguarda un furto e il secondo, una conseguenza più grave a livello totale. Per paura o per perdita di…apprezzamento, se così vogliamo dire, Andrea mente, ma lo saprà solo Paola, la madre, alla quale si è confidato. Il dramma che colpisce Andrea stravolge pienamente la famiglia, facendola crollare completamente. La vicenda prosegue così tra alti e bassi, quando un giorno arriverà Arianna (interpretata da Sofia Vigliar) una misteriosa corrispondenza di Andrea conosciuta durante un’estate in villeggiatura. Grazie alla conoscenza fatta con la ragazza, i familiari riusciranno a ritrovare quell’equilibrio frantumato dalle forti emozioni e cercando magari di conoscere degli aspetti ulteriori e nascosti riguardanti il figlio.
Concludo con il cast citando altri interpreti come Silvio Orlando (attore che ha collaborato tantissimo con Moretti dai tempi del film “Il Portaborse” fino a “Il Caimano” per riprendere quest’anno con il suo nuovo film, “Il Sol dell’Avvenire”), Stefano Accorsi, Renato Scarpa, Claudio Santamaria e tanti altri.
Volete che vi rispondo subito alla domanda che (giustamente) vi starete facendo: “Perché proprio questo è il tuo film preferito?”. Vi rispondo subito che non sto favorendo né Moretti (anche se potrei farlo considerando che è uno dei miei registi italiani preferiti) né il cinema italiano (potrei farlo anche questo, ma non credo sia il caso). Potrei dare una risposta scontata e banale e quindi questa diventerebbe una recensione inverosimile, ma prima di essere frainteso vi rispondo al quesito posto.
Si nota una situazione dove i protagonisti non conoscono le fragilità umane, perché magari non sono mai stati colpiti in prima persona. Per arrivare al coinvolgimento totale di fattori che scatenano emozioni forti e rischiano di ritrovarsi in un vortice senza via d’uscita. Cosa ho detto prima, Giovanni è uno psicoanalista che non può lamentarsi della sua vita, ma ovviamente dopo ciò che gli capita, andare avanti nel suo lavoro, in particolare, gli risulta sempre più complicato. Il cervello fa brutti scherzi nei traumi (giustamente) e suoni, rumori, immagini emergono continuamente e il crollo è inevitabile. L’uso del “primo piano” è stato imponente, se non fondamentale, per mostrare meglio le capacità recitative dei protagonisti e capire con una semplice occhiata la situazione descritta. Per un attimo, potrebbero solo usare gli sguardi e meno le parole. Io aggiungerei anche un altro fattore, secondo me, passato un po’ inosservato: lo smarrimento. Ma se analizzate bene è pienamente visibile, soprattutto in Giovanni.
Nanni Moretti è stato molto imponente alla regia in questo film. Come attore è riuscito ad interpretare un personaggio impassibile alla realtà che gli circondava e decadente nelle sue emotività. Ma qui ha contato molto la sua regia! Alla Morante non le si può dir nulla, se non la sua bravura nel mostrare la sua piena fragilità. Per arrivare ai due ragazzi: Sanfelice ha interpretato un classico ragazzo innocente ma che una “ragazzata” lascerà ai suoi familiari qualche dubbio e per arrivare infine ad una determinatissima Jasmine Trinca. Rispetto ad altre interpretazioni successive, si nota come questa non sia un’interpretazione dominante, ma comunque dignitosa in base al trauma nel quale viene immersa e interpretando pienamente un personaggio, che di suo deve affrontare il periodo della crescita.
Questo film ha dominato, in particolare, ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento del 2001: 3 vittorie (miglior film, miglior colonna sonora e miglior attrice protagonista a Laura Morante) su 12 candidature ai David e 2 vittorie (regia del miglior film e premio speciale a Jasmine Trinca) su 9 candidature ai Nastri. Vincitore della Palma d’Oro a Cannes. Vincitore di tutte le sue 5 candidature ai Ciak d’Oro e 2 vittorie su 3 candidature ai Globo d’Oro.
Secondo me sono state vittorie nel complesso meritate e ora parliamo della colonna sonora. Già il nome dice tanto, il Premio Oscar Nicola Piovani (il compositore di film come “La vita è bella”, “Il Marchese del Grillo” e tanti altri…) che ha la capacità di creare composizioni brevi ma intense e indimenticabili, quelle che come le risenti, le riconosci subito. Ottima composizione, veramente! Nel mezzo ci sono anche il brano di Brian Eno, appunto, il brano “Insieme a te non ci sto più” cantata da Caterina Caselli, “Synchronising” di Michael Nyman e “Siamo gli eroi” cantata da Paola Turci. Ritornando un attimo alla canzone della Caselli, questa viene cantata da tutti i protagonisti della vicenda, mostrando perfettamente come in fondo era una famiglia unita, anche nell'alternarsi dei momenti che caratterizzano la vicenda, continuando a rimanere quelli che sono. Gli “alti e bassi” sono rilevanti perché, a causa del riemergere del trauma, la famiglia tende a sgretolarsi nelle proprie angosce, al punto di attribuire a se stessi dei “sensi di colpa” veri e propri. In questo Giovanni lo fa in continuazione. Ma in ogni modo cercano di reagire nonostante il tormento sia più forte di loro. Poi ci sono i brani , nelle scene intermedie del lungometraggio.
Nanni Moretti con questo è arrivato ad un punto della sua carriera che ha messo da parte i suoi cavalli di battaglia come la politica, l’aspetto psico-sociale, le contestazioni, la critica, per scrivere una storia tutta sua (ha curato lui il soggetto e la sceneggiatura insieme a Linda Ferri e Heidrun Schleef) pienamente toccante e profonda, in ogni forma e stile.
Due note finali per concludere la recensione: la prima riguarda l’incontro iniziale di Giovanni con il gruppo di persone che ballavano una danza tipo quelle che fanno le tribù africane, ricalcando come il “ballo” per Moretti sia onnipresente nei suoi film (“In realtà il mio sogno è sempre stato quello di saper ballare bene […] e alla fine mi riduco sempre a guardare, che è anche bello però, è tutta un’altra cosa” diceva in “Caro Diario”). La seconda nota è l’aiuto regia curata da Andrea Molaioli, vincitore di 3 David di Donatello nel 2008 per il film “La ragazza del lago”. Certo che ne ha lanciati Nanni di nomi che poi sono diventati di spicco, anche grazie alle sue produzioni e distribuzioni!
Grazie per averci emozionato, merci beaucoup Nanni (ti ringrazio in francese come hai ringraziato tutti a Cannes nell’ormai lontano 2001).
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