Recensione redatta da Valerkis
Conoscere un paese come l’Italia significa sapere ciò che abbiamo inventato, scoperto e costruito. Si parla tanto del famoso “Made In Italy”, che cercano di conservare e diffondere a livello internazionale e non solo per elementi come la pasta e la pizza.
Il mondo dei motori è anche italiano e immagino subito a chi starete pensando: alla Ferrari? Mi sembra ovvio. Se vi dicessi che oggi si parlerà del suo concorrente e avversario principale, dal punto di vista del mercato a cui appartengono? Proprio lui, Lamborghini.
Al volo con la trama: finita la Grande Guerra si ritorna in patria, precisamente a Cento, provincia di Ferrara (dista 53 km da Maranello, dove è localizzata la Ferrari) e conosciamo subito i due protagonisti, Matteo (interpretato da Matteo Leoni) e la mente di tutto quanto, Ferruccio Lamborghini (per la parte da giovane interpretata da Romano Reggiani e poi da Frank Grillo). Poi c’è la compagna dell’epoca di Ferruccio, Clelia Monti (interpretata da Hannah van der Westhuysen), aiutante morale e figura imponente per il protagonista, il padre Antonio (intepretato da Fortunato Cerlino) che lo aiutò assumendosi pienamente il rischio che c’era da incorrere e la successiva compagna di Ferruccio, Annita (per la parte da giovane interpretata da Chiara Primavesi e poi da Mira Sorvino). Dagli anni ’50 agli anni ’70 l’azienda di Ferruccio è diventata sempre più predominante nel mercato dei motori, passando dai trattori alle auto sportive vere e proprie, ottenendo una notorietà assoluta e diventando ciò per cui lo conosciamo oggi.
Non parliamo tanto dei personaggi in sé, ma quanto del film. Penso che se bisogna raccontare la storia di un personaggio come Ferruccio Lamborghini, bisognerebbe fare un film quasi perfetto e ben dettagliato nella ricerca e nella storia, perché anche “romanzare” troppo si rischia di sfumare quel pizzico di realtà che si vorrebbe conoscere. Sicuramente è stato un personaggio imponente del “Made in Italy” con i suoi modelli di auto e trattori, ma non è stato solo questo.
La prima metà del film, mi ha coinvolto. A mio avviso non è uno splendore, quindi non vi aspettate chissà cosa, ma la prima parte è stata gradevole, interessante e comunque fa riflettere su alcuni aspetti di come intraprendere la vita, al costo di mettersi in pericolo o di sbagliare, cambiando e diventando quello per cui si era predisposti. La seconda parte ha praticamente rovinato tutto il prodotto ed è stato come quando costruisci una torre e levando il mattoncino portante crolla tutto. È stato fatto passare il messaggio che la Lamborghini, dopo la crisi energetica degli anni ’70, è stata decretata fallita e che la sua storia fosse finita lí, quando negli anni ’80 è stata ricomprata e gestita da soggetti terzi ed esterni alla famiglia Lamborghini, riportando il marchio attivamente sul mercato. Comunque avrei approfondito maggiormente l’aspetto inerente al “risollevamento” dell’azienda, perché è sicuramente importante per la sua storia e comunque è un marchio che rimane ancora oggi presente e conosciuto in tutto il globo. Invece hanno preferito far vedere che Ferruccio ha mollato tutto per dedicarsi alla cura di sé, o meglio come si dice “ritirato a vita privata”.
Peccato per questo finale immotivato e quasi senza senso, perché poteva essere un film degno di raccontare una storia tutta italiana che ha visto dei momenti floridi e dei momenti bui. Ma questa è la vita, purtroppo, non va sempre come noi vorremmo che andasse. Il film è riuscito a trasmetterlo questo, ma ho apprezzato anche come Ferruccio era un creativo e un personaggio motivato a restare attivo sul mercato, proponendo dei modelli che sono diventati storici. Chissà nell’aldilà cosa stará combinando! Forse starà gareggiando con una delle sue opere! Gli attori potevano spingersi di più a trasmettere la propria storia e così addentrarsi maggiormente nella parte e farci capire che di banale non doveva esserci nulla. Sono state interpretazioni decenti, ma non particolarmente impegnate, secondo me.
Fotografia ben riuscita quella di Blasco Giurato e sia la regia sia la sceneggiatura (tratta dal libro scritto dal figlio di Ferruccio, Tonino) sono risultate molto semplici (film diretto da Bobby Moresco). Sia la regia sia la sceneggiatura potevano essere più dettagliate e il problema si poteva risolvere semplicemente credendoci di più del dovuto in questa storia, comunque sceneggiata discretamente fino alla seconda metà, risultata senza senso e con la fretta di finire di raccontare questa vicenda che ha segnato l’emblema del “Made in Italy” e in particolare interessante agli amanti dei motori.
P.S.: anch’io confermo che la Miura è una bestia!
Sitografia:https://www.museolamborghini.com/it/la-storia/#storia7
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