Recensione redatta da Valerkis
Con questa recensione cominceremo a trattare i film di un'altra firma del cinema italiano, proviene da Napoli e ha raffigurato spesso, se non sempre, la sua città. La firma in questione si chiama Mario Martone. Ho ammirato due suoi film prima di questo che sto per recensire: “Il giovane favoloso” e “Il sindaco del Rione Sanità”. Ho visto anche “Capri Revolution” ma è stato secondo me sopravvalutato per certi versi.
Ma parliamo di “Nostalgia”: tratto dal romanzo di Ermanno Rea, la vicenda racconta di Felice (interpretato da Pierfrancesco Favino) che ritorna a Napoli dopo praticamente un’eternità all'estero dove ha vissuto, ha cambiato vita e lavora dignitosamente. Ritornato nella sua città natale, ritrova come tutto sommato Napoli è sempre stata: bella come caotica e con le sue tradizioni e i suoi lati oscuri. Il ritorno sarà turbolento per tanti motivi, partendo da sua madre Teresa (interpretata da Aurora Quattrocchi) che la trova in pieno disagio con l’unico obiettivo quello di sopravvivere. Poi incontrerà un altro personaggio, diciamo l’aiutante per eccellenza di questa storia, Don Luigi (interpretato da Francesco Di Leva), che lo accompagnerà in questo suo improvviso rientro e così Felice non sarà solo in quella bellissima città per la storia, il mare e le tradizioni ma ingarbugliata e pericolosa per le sue trappole. Ma non solo Don Luigi gli terrà compagnia, anche Raffaele (interpretato da Nello Mescia) un conoscente della madre dove grazie a lui trascorrerà delle esilaranti chiacchierate e riuscirà a trovare un suo amico di vecchia data, Oreste Spasiano (interpretato da Tommaso Ragno), motivo per il quale principalmente Felice era tornato, oltre a ritrovare la madre. Forse questa visita all’ “amico” non sarà una semplice trovata come potremmo immaginare…
La nostalgia la proviamo tutti, chi più chi meno: i momenti florei della nostra vita, l’infanzia, l’adolescenza, il divertimento e in fondo troviamo anche i momenti più bui che ci hanno lasciato delle cicatrici e magari ci hanno cambiato e fatto crescere. Ma la nostalgia sta in particolare in quel periodo della vita dove sembrava tutto così facile e divertente, essendo quasi intoccabili, soprattutto in qualche “ragazzata”.
Il cast è stato veramente buono, a partire dal buon Favino oramai con un’esperienza esauriente nella sua carriera e capace di interpretare in qualsiasi genere cinematografico (polizieschi, sportivi, gialli, comici, drammatici…). Arrivando successivamente ad un inaspettato Francesco Di Leva, cresciuto di tanto rispetto al “Sindaco del Rione Sanità” diventando così più deciso e determinato nel suo stile recitativo. Tommaso Ragno con il suo aspetto rozzo, ha rappresentato perfettamente il personaggio misterioso e crudele della vicenda e per arrivare infine ad Aurora Quattrocchi e Nello Mescia, considerati dei buoni contorni alla storia. Tornando a Favino, devo i miei complimenti per essere riuscito a rendere credibile l’accento islamico, pensando per un attimo che avesse combinato qualcosa alle sue corde vocali e per poi esplodere nella parlata napoletana (va be dai parliamo con colui che è riuscito a far risorgere Bettino Craxi per filo e per segno. Futura recensione di quel film, promesso!). Sembra banale quest’ultimo concetto, ma se quel cambio di voce veniva effettuato malamente era considerata solo una brutta imitazione. Per favore non scrivete lingua originale solo “italiano”, aggiungete “dialetto napoletano” perché l’80% dei discorsi sono tutti in dialetto, anche abbastanza stretto, rendendo così i dialoghi più popolari possibili, come ha voluto in fondo Martone, secondo me. Ribadisco, veramente immenso Favino, nelle sue decisioni, convinzioni e nostalgie.
Mario Martone è stato un regista capace nel raffigurare perfettamente Napoli tra le varie strade, il paesaggio, il caos ma ciò è merito anche della fotografia firmata Paolo Carnera, che ha reso tutta questa atmosfera unica e immensa. Veramente un lavoro affascinante quello tra regista e fotografo. La sceneggiatura (scritta da Martone e Ippolita Di Majo) andrebbe rivista su certi aspetti: in primis avrei aggiunto un incipit per far arrivare in una maniera più cauta (a livello di tempistica) lo spettatore a quello che avrebbe visto e invece inizia subito con Favino in arrivo dall’estero e riprese di lui che gira da solo, buttate lì. Le riprese di lui mi sono piaciute, lo ammetto, ma non con quella velocità eccessiva. Secondo, avrei evitato le scene dove lui prega “Allah” perché non ho compreso bene se era islamico oppure influenzato da quella cultura, faceva delle preghiere relative. Secondo me, se il personaggio veniva considerato islamico, andava rivisto anche il primo contatto diretto tra il personaggio di Favino e di Di Leva. Perdonate la mia schizzinosità, ma sono dell’idea che sulla religione bisogna andarci cauti e dire cose precise e autentiche, altrimenti è meglio non raccontare eresie. Terzo, e ultimo promesso, la morale è decisamente scontata e questo pesa molto, perché purtroppo alla fine il film non mi ha trasmesso nulla, o meglio poco. Perché, in fondo, ho ammirato la bravura degli attori, l’ottimo rapporto tra regia e fotografia ma non è stato quel film dove il mio cuore ha percepito tante emozioni. Però, giocando con il concetto di “nostalgia”, questo film riesce a trasmettere un minimo di quelle sensazioni di paura, mistero e di dramma psicologico puro.
Infine vogliamo nominare Ursula Patzak, ai costumi? Sì, perché è un’autentica firma del cinema italiano, vincendo quattro statuette ai David di Donatello, confermando con questo film la buona collaborazione tra Martone e la costumista tedesca e direi anche no, perché sono stati utilizzati costumi semplici, della quotidianità, nulla di particolarmente eccezionale. Allora se ho nominato l’ottimo lavoro di Carnera, va nominato anche Carmine Guarino alla scenografia, per la sua collaborazione nel rendere il paesaggio come quello di Napoli unico e nostalgico, come d’altronde quel luogo è stato per il nostro Felice.
Analisi ben fatta, di un film di non facile lettura...
RispondiEliminaGrazie. Continua a seguirci
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