Recensione redatta da Valerkis
Quando mi capita di parlare di cinema con i miei amici, alcuni su certi film mi mettono un’attesa addosso mai percepita in tutta la mia vita. Quest’attesa viene chiamata “hype” tramite il gergo anglosassone giovanile della generazione Z. Un mio amico appassionato di film Disney-Pixar mi ha trasmesso un certo “hype” nel marzo 2022, proprio per questo film. Nei discorsi mi diceva che lo aspettava con ansia e non vedeva l’ora che uscisse. Ce lo siamo visti il giorno d’uscita sulla piattaforma "Disney+" e…i messaggi scambiati sono stati di questo genere: “Il periodo storico è azzeccato”, “Se fosse stato un film anime?”, “Mi è piaciuto come è stata affrontata la tematica della pubertà attraverso questa figura del panda rosso”, “In effetti la regista ha raccontata come le famiglie orientali trattano i propri figli…”.
Messaggi di questo genere cosa hanno determinato in tutto ciò (per me), allora partiamo dalla vicenda. Anno 2002, siamo a Toronto, in Canada e la protagonista Meilin “Mei” Lee è una tredicenne di origini cinesi che vive in occidente e si considera una ragazza ambiziosa e i suoi obiettivi riguardano lo studio, dedicare il suo (limitato) tempo con le sue amiche del cuore ma soprattutto dedicare il suo tempo alla famiglia. Per carità tutto giusto, la famiglia va sempre onorata, lo dicono persino “I dieci comandamenti” (Onora il padre e la madre), perché sono degli imprenditori che investono sui figli (ma ciò non accade per tutti, purtroppo). Il film esordisce infatti con le varie motivazioni perché la famiglia non andrebbe trascurata e appunto onorata e poi Mei parte all’attacco con le sue ambizioni e passioni. Sembra tutto ok fino a qua, ma quando una mattina si ritrova trasformata in un “panda rosso” si accorge di ciò che le sta accadendo: è entrata nel pieno dell’adolescenza (emozioni svariate, incomprensioni/litigi con i genitori e amici, i primi amori, ma soprattutto, per le ragazze, c’è anche il problema del famoso ciclo mestruale e tanto altro…). Controllando le emozioni, si può riuscire a controllare questo panda che prende il sopravvento in Mei, o meno. Però in fondo, questo panda rosso paffuto in cui si trasforma va visto come un difetto, o come una virtù?
Domee Shi, in casa Pixar è un nome ormai importante per la sua mano da animatrice grazie a lavori in film come “Inside Out”, “Il Viaggio di Arlo” e “Toy Story 4”. In questo film viene ricalcata pienamente la sua regia orientale con la CGI, attraverso lo stile “anime” e questo mi ha colpito notevolmente perché ha rispecchiato il famoso detto: “Non dimenticarti da dove vieni!”. Negli altri film (in qualità di animatrice) si è dovuta adeguare all’animazione occidentale e quindi ha tenuto nascosto il suo stile di provenienza, per poi farsi conoscere meglio con il cortometraggio “Bao” vincitore del Premio Oscar come miglior corto animato nel 2019 (se avete visto “Gli incredibili 2” al cinema, vi avranno fatto vedere sicuramente questo documentario, altrimenti tra "Disney+" e "YouTube", lo potete rivedere senza alcun problema. Bellissimo ed emozionante!). Con quel cortometraggio è riuscita a farci capire in tredici minuti, chi fosse come regista, ma “Red” (o “Turning Red”) è la sua storia (più o meno). Certo non è che si trasformava in un gigantesco panda rosso quando era tredicenne, però il periodo adolescenziale in sé è riuscita a raccontarlo in questa storia con dei contenuti notevoli, come notevole è stato tutto il lavoro che c’è stato dietro (periodo lockdown incluso) e tutto visto e sentito dalle parole di Domee Shi attraverso il backstage pubblicato sempre sulla piattaforma online di Topolino. Domee Shi ha rappresentato tutto ciò che si potesse raccontare, dalle discussioni con i genitori alle sue ambizioni, ma soprattutto a rappresentare “l’ideologia della famiglia orientale” che ovviamente non apprezzano il pensiero e i modi occidentali, anche al punto di mettersi un po’ sul piedistallo ed elevarsi credendosi i migliori (forse questo aspetto è stato anche esagerato ma in fondo è sempre stato così. Me lo sento, sicuramente se una famiglia orientale mi vedesse in casa con la mia famiglia, mi direbbero che sono viziato. Cosa che non sono in realtà, ma questo sarebbe un altro discorso!).
È una bella storia, mi piace come viene rappresentata la metafora della pubertà attraverso la figura del “panda rosso” considerata astratta e concreta al tempo stesso e del periodo adolescenziale in sé, creando un personaggio ambizioso, nervoso e curioso di scoprire cosa c’è nella vita oltre alla famiglia, lo studio e gli amici. Così ho voluto descrivere il personaggio della protagonista. Poi, le sue amiche del cuore: Miriam, Priya, Abby sono le classiche persone che riescono ad esserti vicine nei momenti di difficoltà e a comportarsi di norma sia nei momenti di rottura altrettanto in quelli di unione. Questa è l’amicizia e queste sono amiche. I genitori? La madre, Ming è tradizionalista nei canoni della famiglia orientale, ma perché ha vissuto nella maniera più tradizionale possibile e vivendo con la convinzione di essere stata “un fallimento” e così manifestare la sua frustrazione nei confronti della figlia per il suo bene ma si mostra come una persona debole, da un’apparente madre autorevole.
Però una cosa la vorrei dire: non vorrei che questo film vada troppo acclamato, altrimenti si sopravvaluta troppo, come se fosse l’unico film sulla faccia del pianeta che tratta la tematica dell’adolescenza. Se volete, c’è un elenco di film del genere, o meglio c’è proprio una categoria, un sottogenere del genere drammatico, chiamato “dramma adolescenziale”. Per carità ho detto che mi è piaciuto e continuo a ripeterlo, perché Domee Shi ha diretto un film ricco di riferimenti, compreso del periodo storico ambientato ovvero il 2002, anno caratterizzato dal “Tamagotchi”, dai telefoni cellulari con i suoi squilletti, le boy/girl-band che fecero impazzire un’intera generazione (pensate ai vari “Backstreet Boys”, “Destiny’s Child”, “Spice Girls” e così via) e come il mezzo di diffusione ai tempi era ancora la televisione, quando oggi i “social-network” danno una pista a tutte le tipologie di scambio di informazioni. In molti film, il periodo storico specificato può risultare inutile, ma qui ha dato da sfondo a questa storia oltre al fatto che sarà stata l’epoca vissuta dalla regista e sceneggiatrice di “Red”. Vi dico anche una nozione stupidissima, permettetemi: forse ho capito perché tocca chiamarlo “Turning Red” e non semplicemente “Red”, perché non è l’unico film che si chiama così (ad esempio c’è quello con Bruce Willis).
Altro da dire? Forse ho detto anche troppo di quello che solitamente ho da dire. Ora vado a noleggiare una Fiat Panda rossa e girerò per Roma ascoltando ad alto volume “Nobody Like U” dei 4Town (la band idolo dei personaggi di questa storia). Mamma mia, e se mi fermassero? Di conseguenza vedrò la mia patente frantumarsi in mille pezzetti.



Trovatemi le differenze?
P.S. Evidentemente le immagini non saranno tutte vicine per problematiche inerenti alla grafica di Blogger, che nonostante provassi ad accorciare le immagini me le dà sempre nello stato che vedete! Devo ancora capire come funziona tutto quanto!