Recensione redatta da Valerkis
“Martedì 8 marzo, mentre quel maschio pazzo criminale sta distruggendo l’Ucraina, noi cominciamo “Il Sol Dell’Avvenire” ”. Sul sito dell’Ansa, ho visto questo videomessaggio di Nanni Moretti nel mese di marzo 2022, tormentato dall’inizio dello scoppio dell’invasione russa in Ucraina e lui ha iniziato a girare il suo nuovo film (uscito nelle sale lo scorso 20 aprile) dopo un immenso “Tre Piani” con tanto di “standing ovation” a Cannes mentre stavamo vincendo gli Europei di Calcio (era solamente il 2021).
Il trailer mi ha messo un “hype” (aspettativa, attesa…) addosso che non potete immaginare! C’è veramente di tutto, ogni riferimento presente in questo film appartiene alla persona e al personaggio di Giovanni “Nanni” Moretti, sia come artista sia come persona, soprattutto come artista. Con questa frase vorrei racchiudere il film che sto per recensire, ma c’è tanto da dire (anche se non potrei).
Avete presente una moneta? Ha due facce, ma differenti. Ecco questo film è come una moneta, si racchiude in due aspetti diversi: la vita di Giovanni sul set e la vita di Giovanni nell’aspetto intimo e privato.
Appunto, Giovanni (interpretato da Nanni Moretti) deve dirigere un film che racconta un evento drammatico del passato sovietico: l’invasione dell’Ungheria accaduto nel 1956 (è un caso che durante l’invasione in Ucraina, Moretti abbia tirato fuori quest’argomento per il suo “film nel film”? Ma sentendo la sua intervista da Fabio Fazio a “Che Tempo Che Fa”, il regista ha detto come la decisione di trattare una tematica del genere non sia voluta appositamente perché la sceneggiatura risale al 2021). Successivamente arriva un gruppo di circensi ungheresi, accolti da una sede romana del PCI (Partito Comunista Italiano), presieduta da Ennio (interpretato da Silvio Orlando) e con lui c’è Vera (interpretata da Barbora Bobulova), una sarta che accompagna Ennio nelle sue attività politiche ed è anche un’attrice volenterosa al punto di voler cambiare gli schemi da seguire e di conseguenza la storia. Fuori dal set c’è la vita privata e sentimentale con Paola (interpretata da Margherita Buy), produttrice in preda ad una crisi con Giovanni considerata all’inizio intrinseca per poi esporsi totalmente. Nella vita privata il protagonista continua a rimanere se stesso esprimendosi liberamente con le proprie visioni politiche e di cinema, rimanendo molto scettico su quest’ultimo.
Iniziamo con il sottolineare la sua filosofia-critica cinematografica che arricchisce pienamente la vicenda, passando dai grandi classici italiani degli anni ’60, facendone un grande omaggio per arrivare alla cinematografia francese e per arrivare infine al cinema contemporaneo, salvando qualcosa e tralasciando altro diventandone scettico, appunto. Vogliamo parlare di quando Netflix sarebbe interessata a produrre il suo film? Che denuncia! Svegliatevi ragazzi, ci vogliono tutti con la stessa idea di cinema e se quello fosse il futuro… D’altronde Nanni ha sempre fatto “cinema indipendente” e chi mai potrebbe essere più contrario di lui nei confronti di queste multinazionali che hanno il potere di unificare la critica e la filosofia cinematografica del povero consumatore. Anche quando riflette sul senso di rappresentare la “violenza” nei film…anch’essa è considerabile come denuncia, analizzando completamente come la società odierna reagisce a questi particolari e completando così la sua analisi di come il cinema internazionale sia cambiato nel corso degli anni.
Sublime! Nanni non ne sbaglia una e anche qui è stato maestoso, rimanendo al passo con la realtà che ci circonda, compresa la scena di quando parla con il produttore Pierre (interpretato da Mathieu Amalric) in sella ad un monopattino (se fino agli anni ’90 era di moda andare in Vespa, ora il monopattino fa da padrone per le strade). Passa dal Comunismo alla critica sulla realtà e il cinema. Inoltre si possono cogliere riferimenti a tutta la sua carriera attraverso piccole citazioni e vari comportamenti, assolutamente comprensibili per chi ha visto almeno i film più importanti altrimenti potrebbe risultare un film abbastanza confusionario. Ecco c’è un po’ questo rischio dal lato spettatore, ma rimediabile assolutamente.
Grande e apprezzato omaggio alla musica italiana e internazionale, oltre alla colonna sonora firmata da Franco Piersanti, passando da Franco Battiato al coro della troupe protagonista sulle note di Noemi, per Luigi Tenco, Aretha Franklin e non solo. Quando cominciano a ballare girandosi intorno è stato tutto bello e sincronizzato, ricalcando come per Nanni il ballo è fondamentale che sia presente nei suoi film e coinvolgendo attivamente tutto il cast.
Per chi già ha visto questo film potrebbe risultare un film quasi banale e semplice nel suo complesso, ma non è così, anzi è molto articolato e credo sia stato uno dei più difficili da seguire nel suo completo. Lo stile ha ripreso un po’ da “Il Caimano”, sia nell’aspetto del “film nel film” e sia nell’aspetto sentimentale e personale del protagonista. Da quando in qua Nanni Moretti è così sentimentale al punto di affrontare una tematica come l’amore? Ebbene sì e devo dire ho apprezzato come abbia trattato la tematica non esagerando con le classiche espressioni troppo filosofiche, ma alquanto nella maniera più semplice e personale, giocando anche con i “sogni”.
Proseguendo con gli attori principali: la Buy ha interpretato una parte pienamente nelle sue corde soprattutto nelle delusioni sentimentali; Orlando che ritorna dopo diciassette anni a collaborare con Moretti interpretando una parte importante ma non troppo rilevante rispetto ad altre interpretazioni passate e finalmente si vede una Barbora Bobulova, integrata nella “famiglia morettiana” (come lei stessa ha dichiarato in conferenza stampa), che interpreta una parte dignitosa, piena di sentimento e con la voglia di fare, lavorare e migliorare nella maniera più allegra possibile, andando oltre il personaggio standard che doveva interpretare.
Non è da Nanni fare commedie, perché la reputerei così in tutto ciò. Diciamo che riesce a farti strappare persino qualche risata e mi è sembrato strano. Poi ho capito che non sarebbe stato un film drammatico e ho determinato le mie conclusioni confermando il mio pieno apprezzamento per un film che racchiude vicende su vicende passando dalla leggerezza, passando per il sociale, la politica e il sentimentale, ricordando molti aspetti della carriera di Nanni Moretti.
Posso notare come abbia lasciato in secondo piano il rapporto con sua figlia (interpretata da Valentina Romani) che nonostante l’età neomaggiorenne lascia vivere la sua vita come se fosse ormai completamente adulta e indipendente e vedendola pienamente soddisfatta. Secondo me, non era necessario approfondire troppo quel rapporto, perché il film era focalizzato maggiormente nell’impresa di Giovanni nel suo lavoro e nel cercare di riaprire rapporti con Paola.
La scena finale è decisamente una festa che ti coinvolge in pieno, volendo partecipare personalmente e…va oltre al film stesso. Perché? Perché all’ultimo il buon Nanni ha deciso di portarci una sorpresa che riguarderà molte delle parti più importanti dei suoi film che hanno costituito così la sua carriera, ricca di sé e indipendente dalle produzioni commerciali. È stato bellissimo, ammetto, ma una domanda mi è sorta con un po’ di amaro in bocca: “Potrebbe essere il suo ultimo film?”. Spero la mia sia un’idea sbagliata, perché di Nanni Moretti credo che ne avremo ancora bisogno e con questo film, per me, non può chiudere un cerchio (almeno io non vorrei, ma non ho il potere di controllare nessuno) e quindi lascerò che il tempo faccia il suo corso, sperando in un continuo ulteriore di nuovi progetti morettiani.
Nessun commento:
Posta un commento