Recensione redatta da Valerkis
Ero indeciso se portarlo o no questo film, perché rivederlo a distanza di molti anni l'ho compreso diversamente dalla prima volta che l'avevo visto. Sicuramente tratta un argomento strettamente economico, quello del consumo ma anche di come ciò possa prevalere troppo sulle azioni quotidiane. Inoltre si affronta il fatto che le persone seguano la moda dal punto di vista consumistico e quindi ci sarebbe un duplice aspetto. Ma in fondo questa vicenda affronta un aspetto in particolare: la “Patologia da shopping compulsivo”. Come penso io e credo molti economisti, in fondo “siamo tutti consumatori”. Mangi? Consumi cibo. Hai sete? Consumi acqua. Hai freddo? Consumi il gas per riscaldare o prepararti una tazza di cioccolata calda. Alla fine è un diritto usufruire delle risorse che abbiamo a disposizione in base ai propri bisogni. Ma a tutto c’è un limite, per non rendere il consumo troppo oneroso ed evitando perciò di generare conseguenze negative che possano ampliare già non pochi problemi. Dove abbiamo qui il consumo? Sull’acquisto di vestiti, di accessori e di tutto ciò che ci serve per apparire e non per essere.
Rebecca “Becky” Bloomwood (interpretata da Isla Fisher) è una giornalista che vorrebbe entrare nel settore della moda, ma prima di raggiungere quella posizione lavorerà per il settore dell’economia. Lei soffre, appunto, della “Sindrome da shopping compulsivo”. Compra, compra e compra vestiti e accessori di marca per adeguarsi alla moda e per apparire ciò che lei non è, ovvero qualcuno che possa permettersi un alto tenore di vita. Ma è proprio questo il punto, non se lo potrebbe permettere e cosí si indebita (conseguenza negativa del consumo) e non sa come ripagare il suo creditore, sfuggendo continuamente. Il suo capo Luke Brandon (interpretato da Hugh Dancy) rimane attratto dalla protagonista e di lei riuscirà a creare un doppio aspetto, facendole perseguire delle soddisfazioni mai giunte a lei prima d’ora. La sua amica Suze (interpretata da Krysten Ritter) è la persona più paziente e che sopporta Becky nel suo modo di essere e cercando di farla uscire da quel maledetto circolo vizioso.
L’obiettivo del consumatore è quello di soddisfare maggiormente il proprio bisogno attraverso le risorse che ha a disposizione (solitamente il reddito, o remunerazione). Qui viene mostrata l’altra faccia della medaglia, quando acquisti e consumi oltre le proprie disponibilità e i veri interessi. Il personaggio interpretato dalla Fisher mostra perfettamente un’immaturità e sottovalutazione, causata dalla sua patologia. Buona la sua interpretazione goliardica e pazza. Anche Dancy mi è piaciuto nei panni del suo personaggio. Per quanto riguarda gli altri, la Ritter ha interpretato anche lei un personaggio semplice e il resto degli attori sono stati scontati, niente di eccezionale, a mio parere, tra chi doveva aiutare la protagonista, mostrarsi superiore e riprendersi un bel gruzzoletto di soldi. Ci ho rivisto un po’ lo stile del film “Il Diavolo veste Prada” nell’ambito della moda e di come la protagonista volesse paragonarsi a qualcuno di superiore a lei e ovviamente questo film non ha eguaglianza con quel gioiellino.
Non ho idea di come sia il romanzo scritto da Sophie Kinsella, ma il film diretto da P. J. Hogan è un film non elaboratissimo ma che va visto per rilassarsi e divertirsi un po’, anche se quel piccolo messaggio da tramandare ce l’ha e magari evitate di ignorarlo, perché vi fareste un regalo per salvaguardare le vostre spese e capire se quello che comprate vi soddisfa oppure no. Comunque, credo di aver capito perché qualcuno diceva che era contrario alle carte di credito. Perché se non hai controllo del proprio diritto al consumo, ti indebiti e poi ti stanno col fiato sul collo. Consumate ma non esagerate negli acquisti perché il troppo non vi rende felici, vi rende più fragili e insoddisfatti.
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