Recensione redatta da Valerkis
Stavo pensando che su questo blog dovremo affrontare più film che trattano di musica e del mondo che le appartiene. Credo attiri molte persone perché accomuna i gusti di tutti, o quasi. Avevamo parlato dei “Beatles” con Rickers e oggi posso affrontare l’argomento della musica attraverso la recensione di questo film, appena uscito nelle sale.
Non so se vale la pena spiegare al volo la trama, ma semplicemente è ambientato negli anni in cui a Londra e dintorni si affermò una nuova voce femminile, Amy Winehouse (Marisa Abela). Aveva sicuramente i mezzi giusti per mostrarsi al pubblico, che l'hanno apprezzata sempre di più, lasciando un segno nella storia della musica britannica, internazionale e del genere a cui ha appartenuta, il jazz (come stili nominano anche il soul e il contemporary R&B). Inoltre, la protagonista nella sua vita ha incontrato ogni tipologia di persona, sia chi l’ha fatta soffrire, sia chi l’ha apprezzata per ogni sua tonalità e sia per chi ha puntato su di lei come artista, offrendole accordi e portandola in alto alle classifiche.
La regia mi ha stupito nel nome di Sam Taylor-Johnson (regista del film “Cinquanta sfumature di grigio”), proprio perché me la ricordavo nella sua mediocre esecuzione passata, cosa che non ho trovato qui. Non che sia eccezionale questo film, ma neanche è stato troppo superficiale. Sam Taylor-Johnson riesce a dirigere una vicenda che racchiude ogni tonalità del periodo di punta di Amy Winehouse, nel bene e nel male. La sceneggiatura, scritta da Matt Greenhalgh, non l’ho trovata troppo articolata e credo non era l’obiettivo del film raccontare la storia della Winehouse in maniera tale da annoiare lo spettatore, rendendo il tutto alquanto troppo ricco di dettagli, con il rischio di risultare probabilmente eccessivo. Sicuramente lo sceneggiatore ha dovuto scrivere qualcosa che garantiva piena responsabilità nel raccontare un personaggio che la stampa ha descritto in altra maniera, uscendo dal lato artistico ed entrando in quello personale. Questo film lo fa e racconta non solo i problemi principali che la protagonista ha avuto, ma anche delle perdite e dei momenti di disagio interiore, in cui si è ritrovata, incluse le ferite amorose che l'hanno condizionata completamente, ma dandole gli spunti per i suoi fenomenali testi.
Ora, comprendo i gusti che ognuno di noi può avere sulla musica come sul cinema e non vorrei mischiare critica musicale con critica cinematografica. Io sono qui per recensire questo film e non aprire un dibattito sul jazz o su Amy Winehouse in sé. Ma una cosa è certa, nel suo breve periodo artistico ha segnato la storia di un genere e della musica internazionale e questo film lo esalta, come le varie tonalità della protagonista manifestate in ogni contesto.
Tutto sommato è un film piacevole da vedere, ma nulla di troppo entusiasmante. Non è brutto, ma si poteva migliorare ancora soprattutto nel descrivere alcuni dettagli all'interno della vicenda e dal punto di vista della struttura scenica. Aldilà di ciò, magari avrei approfondito ancora di piú il lato artistico e ridotto qualcosa inerente il lato dove lei si autodistrugge. Nulla di particolarmente esagerato su quest’ultimo aspetto e lo reputo un pregio dal punto di vista registico, ma avrei lasciato da parte dei dettagli che forse potevano essere solamente accennati. Infine, risulta un buon lavoro firmato Sam Taylor-Johnson, con una Marisa Abeda che si conferma capace di reggere i panni di un personaggio imponente e con un carattere molto particolare come quello di Amy Winehouse. Spero sia un trampolino di lancio verso ulteriori interpretazioni di questo genere perché possa spingersi a migliorare ancora, come tutto il resto che ha determinato la struttura di un film comunque consigliato per conoscere una storia che non finisce bene (si sa) ma raccontando un personaggio che ha portato la cultura musicale di una nazione in alto e in pochissimo tempo.