Recensione redatta da Valerkis
Dopo nove anni, tornano nelle sale le emozioni più famose del cinema e sono quelle che hanno permesso alla Disney di produrre e distribuire un film d’animazione che parlasse di psiche e di aspetti emotivi che caratterizzano le persone. In questo sequel cosa mai potrebbe accadere? Prima cosa, ci sono nuove emozioni e…non sono per nulla rassicuranti e i loro nomi sono molto chiari: ansia, imbarazzo, invidia (vizio capitale) e noia.
Riley ormai è diventata adolescente e si è ambientata a San Francisco e nella sua nuova squadra di hockey. Ci sono due nuove amiche, Bree e Grace che si trovano in squadra insieme e va tutto a gonfie vele, al punto di presentarsi un’occasione e di allenarsi come si deve in un campo estivo prima di entrare al liceo. Le tre ragazze partono e Riley punta ad entrarci, nonostante non siano facili superare le prove. Subentrano così le nuove emozioni e nel mentre avviene un cambiamento radicale all’interno del quartier generale. Avviene un cambiamento in Riley, determinando così la sua personalità.
Questo sequel è molto incentrato sulla protagonista in sé e quindi, dopo nove anni, hanno deciso di far proseguire la storia di Riley in base a ciò che sta costruendo per definire la sua personalità e inoltre sta diventando sempre più grande e si allontana dall’essere una bambina. Questo film considera l’aspetto della personalità e questo è importante, perché è tutto l’insieme che definisce l’essere di una persona e in base alle emozioni che predominano, si costruisce una personalità buona o cattiva. Un altro aspetto considerato in questo film è la dinamicità della storia e di come si struttura. Si affronta molto in cosa succede all’interno di Riley e quindi come le emozioni agiscono, sia dal punto di vista esilarante sia dal punto di vista drammatico. Questa volta troviamo i principali personaggi uniti nel salvare Riley, da eventuali predominanze negative che non la porteranno da nessuna parte, come a nessuno di noi.
È
molto realistica la storia e la parte finale è stata devastante, personalmente.
È molto incentrato sull’ansia e sui brutti scherzi che ti fa compiere, rischiando di diventare incontrollabile e scatenare il peggio delle ipotesi. Bellissima, emozionante e devastante. Kelsey Mann alla regia, rende molto vivace questa storia che non ti annoia, ti diverte e ti fa riflettere come l’enfasi del primo è riuscita a trasmettere. Sicuramente c’è una netta differenza con il primo capitolo, anche perché mi è mancato Pete Docter, un nome di spicco per la Pixar, alla regia e qui lo troviamo in veste di produttore esecutivo; però Meg LeFauve alla sceneggiatura rimane e ci riporta la stessa tematica, la stessa enfasi anche se vivacizzata, date anche le circostanze capitate alla protagonista e alla moltitudine di emozioni che hanno elettrizzato tutto quanto.
La colonna sonora non rimane unica, è variata di molto rispetto al primo e Andrea Datzman ha fatto risaltare la vicenda grazie alla sua movimentata composizione e lasciando quel motivetto che il buon Giacchino ci ha impresso nella mente e non ce l’ha fatta togliere più.
Difficilmente critico il doppiaggio e l’unica nota che vorrei fare in questo ambito, per quanto riguarda il doppiaggio italiano, è la buona prova di Pilar Fogliati nella voce di Ansia. Mi è piaciuta molto e con la sua voce da perfetta imitatrice, è riuscita a personificare quella pessima entità che si chiama Ansia.
“Inside Out 2” ci ripropone ciò che aveva lasciato al pubblico quasi dieci anni fa e i protagonisti ritornano con una storia divertente, caotica e anche devastante per tutto ciò che succede, esternamente ed internamente (soprattutto). L’enfasi non è stata la stessa del primo capitolo, ma comunque similare e questo significa molto, come parlare di personalità, ansia incontrollabile e in qualche modo definirsi in una moltitudine di emozioni che definisce l’apprezzamento di una persona unica nel suo genere, come lo è Riley, come lo sono io e come lo sei tu. Come lo siamo tutti.
Chissà…se già stanno anticipando un ipotetico terzo capitolo? Spero non se ne riparli tra altri nove/dieci anni, però.