sabato 29 giugno 2024

Ritornano le emozioni…con nuove compagnie


Recensione redatta da Valerkis

Dopo nove anni, tornano nelle sale le emozioni più famose del cinema e sono quelle che hanno permesso alla Disney di produrre e distribuire un film d’animazione che parlasse di psiche e di aspetti emotivi che caratterizzano le persone. In questo sequel cosa mai potrebbe accadere? Prima cosa, ci sono nuove emozioni e…non sono per nulla rassicuranti e i loro nomi sono molto chiari: ansia, imbarazzo, invidia (vizio capitale) e noia. 

Riley ormai è diventata adolescente e si è ambientata a San Francisco e nella sua nuova squadra di hockey. Ci sono due nuove amiche, Bree e Grace che si trovano in squadra insieme e va tutto a gonfie vele, al punto di presentarsi un’occasione e di allenarsi come si deve in un campo estivo prima di entrare al liceo. Le tre ragazze partono e Riley punta ad entrarci, nonostante non siano facili superare le prove. Subentrano così le nuove emozioni e nel mentre avviene un cambiamento radicale all’interno del quartier generale. Avviene un cambiamento in Riley, determinando così la sua personalità.

Questo sequel è molto incentrato sulla protagonista in sé e quindi, dopo nove anni, hanno deciso di far proseguire la storia di Riley in base a ciò che sta costruendo per definire la sua personalità e inoltre sta diventando sempre più grande e si allontana dall’essere una bambina. Questo film considera l’aspetto della personalità e questo è importante, perché è tutto l’insieme che definisce l’essere di una persona e in base alle emozioni che predominano, si costruisce una personalità buona o cattiva. Un altro aspetto considerato in questo film è la dinamicità della storia e di come si struttura. Si affronta molto in cosa succede all’interno di Riley e quindi come le emozioni agiscono, sia dal punto di vista esilarante sia dal punto di vista drammatico. Questa volta troviamo i principali personaggi uniti nel salvare Riley, da eventuali predominanze negative che non la porteranno da nessuna parte, come a nessuno di noi. 

È molto realistica la storia e la parte finale è stata devastante, personalmente. È molto incentrato sull’ansia e sui brutti scherzi che ti fa compiere, rischiando di diventare incontrollabile e scatenare il peggio delle ipotesi. Bellissima, emozionante e devastante. Kelsey Mann alla regia, rende molto vivace questa storia che non ti annoia, ti diverte e ti fa riflettere come l’enfasi del primo è riuscita a trasmettere. Sicuramente c’è una netta differenza con il primo capitolo, anche perché mi è mancato Pete Docter, un nome di spicco per la Pixar, alla regia e qui lo troviamo in veste di produttore esecutivo; però Meg LeFauve alla sceneggiatura rimane e ci riporta la stessa tematica, la stessa enfasi anche se vivacizzata, date anche le circostanze capitate alla protagonista e alla moltitudine di emozioni che hanno elettrizzato tutto quanto.

La colonna sonora non rimane unica, è variata di molto rispetto al primo e Andrea Datzman ha fatto risaltare la vicenda grazie alla sua movimentata composizione e lasciando quel motivetto che il buon Giacchino ci ha impresso nella mente e non ce l’ha fatta togliere più.

Difficilmente critico il doppiaggio e l’unica nota che vorrei fare in questo ambito, per quanto riguarda il doppiaggio italiano, è la buona prova di Pilar Fogliati nella voce di Ansia. Mi è piaciuta molto e con la sua voce da perfetta imitatrice, è riuscita a personificare quella pessima entità che si chiama Ansia.



“Inside Out 2” ci ripropone ciò che aveva lasciato al pubblico quasi dieci anni fa e i protagonisti ritornano con una storia divertente, caotica e anche devastante per tutto ciò che succede, esternamente ed internamente (soprattutto). L’enfasi non è stata la stessa del primo capitolo, ma comunque similare e questo significa molto, come parlare di personalità, ansia incontrollabile e in qualche modo definirsi in una moltitudine di emozioni che definisce l’apprezzamento di una persona unica nel suo genere, come lo è Riley, come lo sono io e come lo sei tu. Come lo siamo tutti. 

Chissà…se già stanno anticipando un ipotetico terzo capitolo? Spero non se ne riparli tra altri nove/dieci anni, però.


venerdì 28 giugno 2024

Rappresentare la psiche emotiva con un film d’animazione



Recensione redatta da Valerkis

“Vi siete mai chiesti a qualcuno cosa gli passa per la testa?”. Penso ce lo chiediamo tutti quando stiamo con altre persone su come si comportano. L’esempio della protagonista Riley, è l’esempio di molti, se non di tutti.

La Disney e la Pixar, dopo vent’anni di collaborazioni nella produzione e distribuzione di film d'animazione, sono riusciti a portare una storia che mostra piena sintonia nel mostrare la psiche sulle emozioni e di come ci esponiamo nel quotidiano vivere. D’altronde “Inside Out” ci dovrebbe raccontare ciò che siamo dentro e quello che dimostriamo fuori.

Gioia, tristezza, disgusto, rabbia e paura sono nella testa di Riley e sono le principali emozioni che prova, soprattutto Gioia. Predomina parecchio nella vita di Riley e vuole che la protagonista vivesse positivamente le sue giornate (ragionamento inverso e reale: Riley vorrebbe essere sempre felice). Tristezza la ostacola spesso, finché per un incidente escono dal quartier generale e per finire nella memoria a lungo termine e intraprendere così un lungo viaggio nei corridoi della memoria di un essere umano, rimediando al danno causato e con l’aiuto di un personaggio buffo, simpatico e unico nel suo genere come Bing Bong, l’amico immaginario di Riley.

La regia di Pete Docter, in collaborazione con Ronnie Del Carmen, lascia impressa la sua firma in un altro prodotto Pixar dopo film bellissimi come “Up” e “Monsters & Co.”, essendo surreale per piccoli aspetti ma puramente realista e determinato su ciò che andava raccontato, risaltando le emozioni che ognuno di noi possa provare (ovviamente). La psiche emotiva non poteva essere rappresentata in maniera più semplice e diretta. I personaggi sono stati esaltanti, in ogni modo e comprendendo come la singola emozione assuma un proprio potere, positivo o negativo. Pete Docter, Meg LeFauve e Josh Cooley scrivono una sceneggiatura anch’essa diretta, non troppo articolata e portando una storia che passa dal divertimento al sentimentalismo puro e ponendo una riflessione da non tralasciare assolutamente. La colonna sonora di Michael Giacchino è iconica, una di quelle che rimangono nella memoria (a lungo termine) e che arricchiscono l’elenco delle colonne sonore più famose del cinema. 

Uscito dalla sala, ormai quasi dieci anni fa, rimasi pienamente colpito del risultato finale, che non è il classico film d'animazione fiabesco. È un bellissimo film d’animazione che porta la psiche al centro di tutto e soprattutto nella maniera più semplice e diretta per un pubblico più giovane, soprattutto. Senza dubbio è un film che coinvolge tutte le età e poi, più cresci e più analizzi molti aspetti che non noti alla primissima visione.

La vittoria del Premio Oscar nel 2016 per il miglior film d’animazione è la conferma di un ottimo lavoro nel complesso da parte di tutti, per portarci nelle sale una storia piacevole a tutte le età e parlando di psiche, emozioni e di come la mente di ognuno funziona e soprattutto raccontarla in maniera piuttosto semplice.


giovedì 13 giugno 2024

Ci siamo…è il momento di un nuovo film di Lanthimos


Recensione redatta da Valerkis

Siamo a due. Esatto, due film nel 2024 per Yorgos Lanthimos, che dopo un “Poor Things – Povere creature” surreale e strano ma così artistico, ci propone un film a tre. Un film con tre storie diverse ma con un soggetto in comune a tutte: un tizio misterioso chiamato R.M.F. e, a mio parere, in parte non ti fa capire il suo scopo nelle tre vicende, anche se ponendo una riflessione profonda, risulta essere una specie di “effetto farfalla” di tutte le situazioni capitate. Giudicate voi alla visione di questo film.

Una trama generale non esiste, perchè il film si divide in tre storie diverse e tre tematiche diverse: nella prima storia il protagonista Robert vive la propria vita controllata dalle decisioni prese da Raymond; la seconda, racconta di Daniel e del rapporto con Liz, sua moglie, che torna a casa dopo che è stata ritrovata dispersa a causa di un naufragio e si risalta l’aspetto intrinseco e psichico di Daniel che trova Liz diversa e questo lo porta a distruggersi e a distruggere ciò che lo circonda; la terza e ultima storia, racconta di una setta e del loro obiettivo.

Parlerei subito del cast: Jesse Plemons (Robert, Daniel e Andrew) è il principale partecipe delle prime due storie e mostra le giuste sensazioni provate negli attimi che determinano le vicende; Emma Stone (Rita, Liz, Emily) diventa la principale interprete nella terza storia, essendo comunque predominante anche nelle altre due e interpretando personaggi con differenti enfasi; Willem Dafoe (Raymond, George e Omi) assume predominanza soprattutto nella prima storia e per la sua elegante cattiveria l’ho apprezzato molto; Hong Chau (Sarah, Sharon, Aka) anche lei risulta capace di differenziare l’interpretazione in base al personaggio e altri due attori che predominano sono Margaret Qualley (Vivian, Martha, Ruth, Rebecca) e Mamoudou Athie (Will, Neil, infermiere). La Qualley accompagna efficacemente l’andamento dei fatti con la sua interpretazione e Athie poteva avere una parte piú centrale in tutte e tre le storie e invece rimane nel pieno spirito di personaggio che contorna i fatti avvenuti. 

Passerei al punto chiave della mia opinione, quella sulla regia e la sceneggiatura. La sceneggiatura scritta da Lanthimos e il suo collega di fiducia Efthymis Filippou, è ricca di dettagli per far risaltare ciò che queste tre storie devono trasmettere allo spettatore. Vizi, difetti, obbedienza, rapporti affettivi, crollo psicologico, sacrificio, sono molti dei fattori che arricchiscono questa storia. Una sceneggiatura che fa costituire un film di quasi tre ore, deve per forza lasciarti qualcosa e in questo ci sono riusciti. La regia di Lanthimos, ormai, la conosco pure troppo bene: folle, surreale che con la sua arte, merito anche della fotografia, del montaggio e del gioco di inquadrature, in tre vicende fa risaltare aspetti della società nel lato psicologico, relazionale e in base al contesto introdotto.

Non basterebbe, lo so, ma cosa altro ci sarebbe da dire? In fondo, cosa c’è da dire? Questa è la domanda. Vedetelo! Per rispondere bisogna vederlo, immergersi e definire le proprie conclusioni. Secondo me, è un film che merita perché mi ha interessato dal primo all’ultimo minuto e mi ha tenuto anche incollato alla sedia, guardando queste vicende rappresentate nel senso di ironia, surrealismo ed esaltazione della psiche dei personaggi che vivono nella nostra società. Un consiglio che vi posso dare, è cercare di cogliere il “sogno” e di come si esalta nelle tre storie. 

Grazie Lanthimos per essere così folle, surreale e che ancora una volta mi hai fatto uscire dalla sala, confuso ma colpito notevolmente da queste vicende, stranamente collegate tra loro. Merito anche di cast, fotografia, montaggio e colonna sonora, anch’essa bizzarra, folle ma affascinante.

  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...