Recensione redatta da Valerkis
Vorrei ripartire con le nuove recensioni da condividere sul blog, portando l’ultimo film di Marco Tullio Giordana, uscito il 22 agosto scorso nelle sale. Tornato in sala, appunto, dopo due mesi tra impegni di studio, personali e meritate vacanze estive, avevo bisogno di immergermi nuovamente nel luogo dove si possono cogliere emozioni in forme indescrivibili che solo l’arte del cinema ci può regalare. Si sa, Marco Tullio Giordana è un regista chiave del cinema italiano contemporaneo e quest’anno ci porta un film tratto dalla storia del romanzo omonimo di Mariapia Veladiano.
Al volo la trama: in una famiglia vicentina, la nascita di Rebecca scatena una reazione negativa e di sconforto, a primo impatto e c’è chi nasconde le proprie fragilità e chi non ne può fare a meno. Tutto per colpa di un angioma e la madre Maria, diventa chiusa e non vuole così affrontare la questione, mettendo in discussione ogni cosa. Il marito Osvaldo cerca in qualsiasi modo di aiutarla e come risollevare tutta la famiglia e poi c’è la zia Erminia, considerata la guida principale nei confronti di Rebecca, che la manda a scuola, le fa affrontare gli ostacoli della vita e le trasmette la passione per il pianoforte, diventando così un’eccellenza impeccabile.
Non vado oltre! Partiamo dalla stesura della sceneggiatura, scritta dal regista, Gloria Malatesta e da un pezzo forte del cinema italiano, Marco Bellocchio (è stato anche uno dei produttori del film); è stata una sceneggiatura che ha definito un’ambientazione lugubre, data la vicenda cupa e astratta alla quale ho assistito. Ma è stata anche intrigante, risaltando la drammaticità dei fatti e quella espressa dai personaggi. Le interpretazioni sono state tutte strabilianti per quanto riguarda quelle di Valentina Bellè (nei panni di Maria), Sonia Bergamasco (nei panni di Erminia) e le tre ragazze che hanno interpretato Rebecca nelle varie fasce d’età. Mi hanno fatto percepire pesantezza nella triste e difficile situazione ma anche l’ambizione da tirar fuori e mostrare nella vita per reagire e andare avanti. Paolo Pierobon (nei panni di Osvaldo), secondo me, doveva mostrarsi un po’ più credibile nell’interpretazione fatta, facendo percepire di più il dramma del personaggio. Anche la colonna sonora è stata fondamentale nell'accompagnare le varie scene (diretta da Dario Marianelli), come anche la fotografia e scenografia (curata quest'ultima da Luca Gobbi).
Marco Tullio Giordana alla regia si è mostrato pienamente capace di portarci una vicenda che drammaticamente risulta coinvolgente, astratta e con un messaggio di ambizione da tramandare. Nell’uso dei primi piani e nella concezione di spazio, risulta in grado di essere predominante nel suo lavoro e portando in risalto l’astratto che ha caratterizzato il tutto e il finale, considerato personalmente diverso e inaspettato ma puramente surreale e bizzarro. Ammetto che mi ha messo un po' in difficoltà nella comprensione, ma tutto sommato posso confermare, quella di Giordana, una regia completa per un film intrigante e drammatico a livello totale. Lo consiglio, ma non cercate troppo l’aspetto drammatico. Alquanto individuate un lavoro completo che definisce la creatività e il saper lavorare con l’arte del cinema e menomale che nel Belpaese, ogni tanto si riesce a fare questo.
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