sabato 30 luglio 2022

Che odore di sgommate, competizioni e lealtà!



Recensione redatta da Valerkis

Quanto è evidente in questo film, il grande lavoro compiuto da un regista come John Lasseter, colui che rappresenta uno dei simboli della storia di una casa cinematografica come la Pixar e del film d’animazione in generale. Il suo viaggio sulla "Route 66" ha determinato l'ottima lavorazione in tutto e l'idea di creare una storia piena di insegnamenti tramite un film d'animazione vero e proprio è stata perfetta!

Come ambientazione ci troviamo negli Stati Uniti d'America, nella gara finale della Piston Cup (una perfetta copia della competizione NASCAR) dove ci sono tre auto a darsi battaglia per il titolo mondiale: "The King", Chick Hicks e Saetta McQueen. Quest'ultimo risulta avere il manico alla guida nonostante si considera un principiante e quando la Piston Cup sembra sua, deve andare a gareggiare per lo spareggio a causa di un ex-aequo. Quindi non è ancora vinta per il protagonista e il viaggio verso il luogo dello spareggio si allungherà in un passaggio inaspettato alla cittadina di Radiator Springs. Saetta si fa conoscere in un modo poco piacevole e si dà da fare per andare a gareggiare, ma la sua permanenza avrà un senso facendo conoscenza con gli abitanti. Io prenderei i personaggi più influenti per Saetta tra quelli che vivono lì: Sally, Carl Attrezzi "Cricchetto" e Doc Hudson. Sally è quel personaggio in cui ha trovato in Saetta i suoi punti di tenerezza e di empatia, Carl Attrezzi è colui che crede nel senso dell'amicizia e Doc Hudson è quel personaggio in cui si è rispecchiato in Saetta anche in base al passato vissuto e di conseguenza gli ha trovato i suoi punti di forza, così da seguirlo nel suo percorso risultato nel complesso vincente e leale verso gli altri, sia nel mondo delle corse sia al di fuori.

É un film che mi ha influenzato notevolmente soprattutto a chi come me, amante dei motori, delle corse e della velocità, non può assolutamente perderlo di vista. Il lavoro di ricerca da parte degli sceneggiatori e del regista è stato ottimo per determinare i costumi dei paesaggi e delle usanze, anche nel raffigurare una vicenda che tramanda degli insegnamenti importanti in chiave metaforica a partire da quelli di Hudson, pochi ma imponenti, i quali il nostro Saetta li colma in pieno!

Mi piace l’uso della metafora nei film d’animazione, le dovrebbero usare più spesso!

La "Route 66" ci regala epoche, tradizioni e storie di ogni genere.

Le automobili personificate in questa storia sono state imponenti nella cultura di massa e nella storia dell’automobile e delle corse sportive: auto NASCAR, Hudson Hornet anni '50, Porsche 911 Carrera, Chevrolet, Jeep, Fiat 500, Ford Model T e Volkswagen degli Hippie. Insomma la storia dell'automobile passa anche per questo film!

Con questa pellicola vorrei spendere qualche parola nel doppiaggio, per farvi capire come il mondo reale delle corse viene incluso in questa storia: partiamo dalla decisione di far doppiare a Micheal Schumacher una Ferrari F430, dove con pochissime battute il film ha voluto lasciare l’impronta di un pilota e di un'epoca i quali hanno fatto risalire una scuderia come la Ferrari in testa a tutti dopo due decenni (ora che ci penso rappresenta anche la fine di un'epoca dato che il 2006, anno di uscita del film, è stato l'ultimo anno in cui il campione tedesco ha corso per il "Cavallino Rampante"). La Ferrari, con questo film, è riuscita attraverso la voce del campione tedesco e il film d’animazione a pubblicizzare l’uscita sul mercato del modello doppiato da Schumacher. Nel doppiaggio abbiamo anche piloti come Mario Andretti (in quello originale), Giancarlo Fisichella e Alex Zanardi (in quello italiano), come abbiamo l’inclusione nella vicenda personaggi del giornalismo sportivo italiano ed internazionale. Nel doppiaggio italiano ritroviamo Gianfranco Mazzoni e Ivan Capelli, gli storici telecronisti della Formula 1 per la RAI dal 1998 al 2017.

L'Oscar non se lo sarà meritato, ma la notorietà assolutamente per una storia fatta di motori, olio, sgommate e tanta competizione di cui il nostro Saetta ha fame. Ma anche la lealtà vince e questo film è stato in grado di insegnarla.

mercoledì 20 luglio 2022

L’uomo "senza il domani”



Recensione redatta da Valerkis

Sinceramente non so in che maniera consigliare questo film il quale sembra sia stato forse sottovalutato, visto che se ne è parlato poco. Risulta comunque un buon prodotto in grado di tramandare messaggi importanti.

Filippo Fontana (interpretato da Antonio Albanese) è un conduttore di documentari e viene mandato a documentare le migrazioni delle cicogne sulle isole Canarie insieme al cameraman Enrico (interpretato da Fabio De Luigi). L’arroganza del protagonista è la caratteristica principale della vicenda che rende odiosa la sua persona e per questo non riesce ad avere buoni rapporti con tutti. Il protagonista deve così affrontare le persone con le quali si ritrova a lavorare e deve anche ambientarsi in un luogo ben distante da casa. Come inizia una giornata di lavoro, finisce e comincia a vivere le situazioni IDENTICHE al primo giorno di lavoro. Quando se ne accorge decide di sfumare quella quotidianità in cui era immerso e non sembra esserci una “via d’uscita”. Il protagonista assume varie maschere e quando comprende di essere entrato in un “déjà-vu”, cerca anche di cambiare lo svolgimento degli eventi i quali caratterizzano la giornata stessa. Sobbarcando così le varie maschere che può indossare, assume diversi caratteri e arriva al punto di capire veramente chi essere e come comportarsi per evitare di ripetere questo “loop” infinito. Diventa di tutto e cambia molte volte ogni momento di quella giornata, fino a trovare quel punto in cui comprende, finalmente, il giusto comportamento da adottare nei confronti degli altri. Di film che trattano l’argomento del “déjà-vu” sono molti e questo, diretto da Giulio Manfredonia, riesce ad affrontare la tematica in una maniera inedita e ammirevole. Una pecca però l'ho notata: l'effetto speciale sulle onde del mare l'avrei evitato. Tutto ciò fa nascondere la bellezza naturale di quei luoghi e di conseguenza ha influenzato negativamente la fotografia. 

Albanese, dopo i suoi sketch nei vari programmi tv degli anni ’90 e cominciando a fare qualche parte comica nei film diretti e non diretti da lui stesso, riesce ad interpretare un personaggio difficile, odioso e amabile perché riesce ad interpretare varie personalità in un breve arco temporale dal punto di vista registico e in maniera più che efficiente. Poi, sia De Luigi sia Goya Toledo (che interpreta Rita, una compagna di viaggio in quel luogo meraviglioso delle Canarie) sono delle buone spalle per il nostro Filippo che riesce, grazie ai loro discorsi e alle loro idee, a determinare in maniera completa il suo vero carattere con il quale riesce ad andare avanti nella vita in una modalità più soave e meno stressante. Albanese si conferma un buon attore capace di interpretare parti comiche con delle tonalità di sfondo drammatico oppure politico e sociale per nulla sottostimabili come Manfredonia si conferma un regista che potrebbe regalarci delle soddisfazioni in nome del cinema italiano contemporaneo. 

Devo dire tutto sommato anche la sceneggiatura è stata curata bene e con questo vorrei sottolineare il fatto che questo film sia un remake di un film americano degli anni ’90 riuscito veramente bene. Non è stato un film pesante con una sceneggiatura poco curata nel riadattamento

Il mio invito è quello di non partire con un’ottica troppo critica nei confronti di questa pellicola, mettetevi comodi e aprite la mente verso una riflessione ad una realtà nella quale ognuno di noi potrebbe essere soggetto senza rendersene conto, perché quando si mette in gioco l’inconscio si attua una visione irreale della realtà che ti può perfino far impazzire!

venerdì 15 luglio 2022

L’eclissi di un’epoca



Recensione redatta da Valerkis

Sicuramente il primo nome che viene in mente quando si vuole parlare dell’horror “Made in Italy” è il seguente: Dario Argento.

Torna dietro la macchina da presa dopo dieci anni e gli anni del nostro Dario nazionale si fanno sentire soprattutto in questo film. Ma andiamo con ordine: il trailer visto prima dell’uscita nelle sale mi ha dato una buona speranza in un nuovo capolavoro, ma purtroppo c'è stato qualcosa di radicalmente diverso. Vorrei partire da come inizia, ovvero dal momento dell’eclissi totale di sole. Qual è il senso? Vuole rappresentare l’oscurità della storia?  Bè cosa ti puoi aspettare da un Dario Argento, un film comico?!

Poi si arriva alla conoscenza della protagonista Diana (interpretata da Ilenia Pastorelli) un’escort che ogni sera lavora per portare a casa il denaro e pensare così alla minima sopravvivenza, ma una sera un furgone bianco che la tampona cambierà la sua vita radicalmente. Dopo l'incidente, Diana entra in piena difficoltà ma non sarà sola perché si prenderanno cura il cane Nerea e l’assistente sociale Rita (interpretata da Asia Argento) i quali aiuteranno Diana ad abituarsi in questa vita imprevista. Ma nonostante gli aiuti dati, la paura non lascia scampo alla protagonista e conosce Chin (interpretato da Xinyu Zhang) riuscendo così a sentirsi meno sola. Riescono entrambi ad instaurare un rapporto reciproco per il fatto che abbiano perso qualcosa o qualcuno.

Abbiamo un cast da una parte nuovo e dall’altra conosciuto (giusto per Asia e per la Pastorelli) ma non è bastato a rendere questo film un capolavoro, perché non lo è. Se devo ripensare a titoli importanti come “Suspiria” e “Profondo Rosso”, ad esempio, trattiamo completamente di un’altra epoca ma il genere è praticamente lo stesso. Di seguito non ho trovato in questa pellicola, quello stile che cercavo. Il problema principale è stato quello di non reputare un film horror, ma un thriller che poteva dirigere anche un regista con poca esperienza e pratica. Questo è pesante lo so! L’unica cosa che un po’ salva il film, è la colonna sonora (diretta da Arnaud Rebotini), certo non la metto a confronto con altre colonne sonore migliori di queste (per esempio i "Goblin" per "Profondo Rosso") ma è riuscita nel bene e nel male a far percepire un minimo di angoscia. 

Purtroppo sono evidenti delle lacune nella sceneggiatura, in particolare nello svolgersi dei fatti e la recitazione è risultata abbastanza scadente nonostante abbiamo l’unione di due David di Donatello (ricordo la Pastorelli per il film “Lo Chiamavano Jeeg Robot” e Asia per i film “Perdiamoci di vista” e “Compagna di Viaggio”) che potevano dare quel minimo senso di drammaticità alla vicenda adottando le proprie capacità recitative. Per di più verso la fine si è notata come la situazione a livello recitativo e di scrittura tendeva ad andare fuori controllo, risultato di un’immotivazione generale nel continuare a lavorare, facendo eseguire i fatti come avvenivano non avendo cura del dettaglio. I fatti, in tutta la pellicola, potevano essere articolati meglio sia nell’ambientazione sia nella struttura logica e cronologica degli eventi descritti.

Ma lo sapete quanto sono dispiaciuto a scrivere una recensione negativa di un film diretto da Dario Argento, ma purtroppo temo che sta per finire un’epoca del thriller d'autore dove il nostro paese dovrebbe solo insegnare anche perché dopo i film visti diretti da questo Maestro, mi sono fatto un’idea di un regista rivoluzionario di un genere che può piacere o meno.   

lunedì 11 luglio 2022

Quella pioggia che fa muovere i pensieri e ti cambia completamente!



Recensione redatta da Valerkis

Lo stile registico di Woody Allen in questo film regna in una maniera assoluta e credo che il suo modo di fare cinema sia imparagonabile a nessun altro e parlo per quei pochi film suoi fino ad ora visti. 

Partiamo dagli attori e personaggi principali: Timothée Chalamet (l’attore protagonista del film Premio Oscar “Chiamami col tuo nome” che interpreta il personaggio principale, il suo nome è Gatsby), Elle Fanning (che interpreta Ashleigh, l’altra protagonista), Selena Gomez (che interpreta Chan Tyrell, la sorella di una vecchia cotta di Gatsby). 

Gatsby e Ashleigh devono trascorrere un week-end nella “Grande Mela” ma i piani stabiliti non andranno come previsti. La caratteristica principale di tutte le scene del film è la pioggia (e penso si era capito) dove rende tutto più leggero e sentimentale. Poi si nota come questa non è una pioggia forte e battente nella maggior parte delle scene dove un raggio di sole da qualche parte nel cielo esce, facendomi capire la spensieratezza e la leggerezza nella drammaticità della storia. La città di New York è veramente affascinante in questa vicenda e non mostra la frenesia in cui quotidianamente viene avvolta. Si nota come il regista ami la sua città natale e l’ha voluta rendere esteticamente incantevole, come è perlopiù la storia e le situazioni create nel contesto ambientato. Mi sarebbe piaciuto vedere questa storia ambientata, ad esempio, in un passato lontano o recente che sia, creando un effetto vintage forse azzeccato e piacevole, rappresentando una società come quella americana in tutte le sue sfaccettature. Per carità mi é piaciuta l'ambientazione nei tempi odierni, ma volevo immaginare una situazione del genere e magari riuscita meglio. 

Comunque sia viene affrontata la condizione di una coppia di giovani adulti studenti universitari, in preda ai propri sogni ma con i dubbi e le fragilità dai quali ognuno di loro vengono influenzati. I monologhi interiori di Gatsby sono stati interessanti per una maggior comprensione della vicenda e perciò rendono la storia più psicologica dalle aspettative fatte e ovviamente tutto apprezzabile. In questo film non sono riuscito a percepire il peso della drammaticità perché si considera maggiormente una storia leggera e il genere che attribuirei in tutto ciò è drammatico a livello di psiche e romantico di sentimento, non solo di amore. Qui l’amore viene messo quasi in secondo piano, perché la coppia non la troviamo spesso insieme e Ashleigh possiede poca presenza scenica, cosa che forse avrei rivisitato nella sceneggiatura. La vera protagonista sembrava il personaggio interpretato da Selena Gomez, a tratti provocante di parole e a tratti seducente di intelletto, insomma una ragazza che non va presa sotto gamba nella quale, se ben reputata, può nascere qualcosa in più di una semplice conoscenza. Buona l’interpretazione della Gomez! Chalamet è stato ottimo nell’interpretare un giovane studente universitario altolocato socialmente, innamorato e in preda ai suoi pensieri sul senso della vita. Lui ho avuto modo di vederlo nel film di Guadagnino, dove ha interpretato un personaggio più difficile di questo, a conferma della sua bravura. La Fanning non interpreta male il suo personaggio solare, spensierato e avvolta nei suoi sogni, ma mi aspettavo una sua presenza maggiore nella storia. 

Continuo ad essere dell’idea che per quei pochi film visti di Woody Allen, lui è in grado di sfornare delle sceneggiature stese nel pieno senso dell’umorismo e della drammaticità sociale e psichica al tempo stesso, poi adotta delle tecniche di regia stupefacenti, veramente apprezzabili. Un altro personaggio a cui avrei dato più spazio, ma è stato giusto così, è quello interpretato da Kelly Rohrbach, ovvero il personaggio di Terry Ford. Si è mostrata una persona determinata e colta nel suo mestiere rendendo quel breve rapporto di confidenza con il protagonista, genuino e solidale nei favori richiesti da entrambi. La separazione della coppia a causa degli impegni di Ashleigh ha cambiato i punti di vista dei protagonisti sulle strade da prendere nella vita, soprattutto da parte di Gatsby e questo fa capire tanto su come ognuno di noi cambi dalle esperienze compiute nel corso della vita che viviamo. Così a pensarci è la pioggia, la quale riporta il nostro protagonista da colei che potrebbe far nascere una nuova relazione di sintonia reciproca e determinazione. 

Il cast è stato nel complesso ottimo e si nota la piena sintonia da parte degli attori con lo scorrere dei fatti nella vicenda, risultando un film affascinante a livello estetico, nella sceneggiatura e nella regia. 

Ah, dimenticavo, in un film di Allen non manca mai la musica jazz, che mi piace particolarmente nelle occasioni di tranquillità e di discussioni intellettuali (magari di fronte a un drink). Perciò rende la vicenda più soft e ti fa sentire partecipe in quella parte un po’ altolocata della società contemporanea, a cui appartengono i personaggi di questa storia esteticamente affascinante.

mercoledì 6 luglio 2022

Una commedia “drammatica” sottovalutabile, ma non sottovalutata


Recensione redatta da Valerkis

I fratelli Avati hanno deciso di produrre e scrivere (solo Antonio, nel caso di quest'ultimo) il film che oggi recensirò e credo per molti sia poco conosciuto e sottovalutato. Questa commedia, con una sfumatura drammatica, possiede fatti inaspettati e discutibili in ogni momento, ma veramente apprezzabili. Partiamo dalla storia, Piero Cicala (interpretato da Emilio Solfrizzi) è un ex cantante pugliese degli anni ’80 conosciuto da tutti per una sorta di tormentone estivo e non per le altre canzoni cantate e considerate dall’autore, più poetiche. Viene ripescato da un agente televisivo e lo invitano a ripresentarsi al pubblico. Da qui nasce la prima tematica di questa storia, ovvero il rimpiazzo di questi vip quando non sono più di tendenza e non rispettano le esigenze del mercato e affronta il momento di quando vengono ripescati dopo tanti anni per fare solo un “po’ di ascolti” e coprire dei buchi nei palinsesti televisivi. Piero si è mostrato reattivo alla vita, aprendo un ristorante e quindi è riuscito ad occuparsi in maniera dignitosa di un’attività, nonostante i problemi avuti a livello personale. Nonostante tutto, accetta per ritornare in televisione e in questo frangente incontra l’altra protagonista di questa storia, Talita Cortès (interpretata da Belén Rodrìguez) una donna tormentata dai paparazzi quando incontra il protagonista ma si mostra come un personaggio sensuale, ammaliante e superiore nel senso dell’intelligenza. È una promotrice di profumi ed è apprezzata per la sua sensualità e secondo il mio parere, ho avuto l’impressione che Belén abbia interpretato da una parte se stessa, ma dall’altra ha dovuto dare quella sfumatura di teatralità per entrare in un personaggio leggermente diverso da quello che lei realmente è (o forse no). Non mi fraintendete, non la sto giudicando male anzi la reputo una buona interpretazione quella di Belén, come quella di Solfrizzi e insieme riescono a creare una coppia di due persone completamente diverse ma “uniti nella diversità”. Lo svolgimento di questa “favola” è genuino e apprezzabile come segno di una grande possibilità cui la vita ci mette davanti in vari momenti, magari i meno aspettati e alla fine avrei voluto che la storia proseguisse un po’ di più per sapere meglio sul ritorno del protagonista ad avere il meritato successo, ma è bello vedere anche quando si butta in mare felice di ritornare a creare altri momenti migliori della sua vita. La regia di Eugenio Cappuccio avrà sicuramente curato gli aspetti principali del film, si vede che non è alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa ma non siamo di fronte ad una regia evoluta e sviluppata al massimo, d’altronde non sarebbe il film adatto. La sceneggiatura è stata limitata negli aspetti principali della storia, dove non si conoscerà l'evolversi dei fatti accaduti a Piero. Comunque sia non è un film da sottovalutare; lo considero sottovalutabile ma non sottovalutato (scusate il gioco di parole)! È una coppia azzeccata negli atteggiamenti, tutto sommato, risultando due persone completamente differenti e se dobbiamo analizzarli singolarmente, c’è da una parte la freddezza interpretata da Solfrizzi in una maniera più che efficiente, dall’altra la sicurezza decisa del personaggio interpretato da Belén dove raffigurano due diverse facce della stessa medaglia. Non aggiungo parole a quello che fa da sfondo alla storia (scenografia, fotografia, colonna sonora…) ma sicuramente la canzone cantata dal protagonista negli Stati Uniti è stato il simbolo di essere finalmente uscito da uno stato di limitazione dove in Italia era influenzato. Il film lo consiglio di vedere, sicuramente con la famiglia e con quelle persone per cui vorresti affrontare tematiche del genere, dicendo infine di continuare a credere in quello che fai e se ti piace, la volontà è al massimo delle aspettative.

sabato 2 luglio 2022

TANTI SPIDER-MAN DA TANTI UNIVERSI

Recensione redatta da Rickers

I film incentrati sulle avventure di Spider-Man hanno sempre attratto orde appassionate di fan al botteghino, è un dato di fatto e lo si è visto recentemente con "Spider-Man: No Way Home" (magari in futuro ci torneremo). Soprattutto se guardiamo indietro alla prima trilogia di Sam Raimi notiamo che da lì si è generato tutto l'interesse per Spider-Man e per Peter Parker. Il successo di Raimi è dovuto sicuramente a grandi doti da cineasta ma grande è stata la scrittura dietro le sceneggiature e i personaggi realmente credibili e fondati su grandi pilastri come la giustizia, la fiducia, l'altruismo, il mettersi in gioco, il rischiare per qualcosa di importante, l'amore e molti altri. Se ad oggi i film su Spider-Man sono sia un successo di pubblico che di critica (il più delle volte) molto lo si deve a Raimi e a il modo in cui ha concepito i canoni dello Spider-Man originale. Qualche anno fa però c'è stato un film che ha preso questi canoni e li ha frullati nel tritatutto, trasformando notevolmente l'universo attorno a Spider-Man e dando finalmente, allo spettatore, un metro di paragone quasi alla pari del primissimo "Spider-Man" del 2002 (che resta il migliore sia chiaro). Il film in questione, come penso abbiate capito, è "Spider-Man: Into the Spider-Verse" ma non dilunghiamoci troppo sui convenevoli e iniziamo, che è meglio.

Prima di iniziare con la trama è necessario inquadrare il contesto in cui si ambienta il film. Infatti ad essere protagonista non è il solito Peter Parker ma Miles Morales. Ma chi è Miles Morales? Miles è un personaggio relativamente nuovo nell'universo Marvel (fa la sua prima apparizione nel 2011) ma in pochissimo tempo è riuscito a ritagliarsi il suo spazio all'interno dei cuori dei fan grazie alla sua attitudine e alla sua grinta giovanile. Dietro ci sono il fumettista statunitense Brian Michael Bendis e la disegnatrice italiana Sara Pichelli. La loro idea è riuscita a fare il botto, ottenendo il plauso dei fan e della critica sia su carta che su grande schermo. Questo film è molto importante per l'immagine di Miles perché rappresenta il suo debutto al cinema, sulla quale c'erano molte aspettative.

Procediamo adesso con la trama: essa vede come protagonista il giovane Miles Morales, un ragazzo come potrebbe esserlo chiunque, alle prese con la sua normalissima vita. Un giorno però la sua vita cambia radicalmente dopo essere stato morso da un ragno radioattivo. Con Spider-Man messo fuori gioco dal viscido Wilson Fisk, tocca solo a Miles raccogliere la sua eredità e proteggere la sua città dal crimine. O forse ci sarà qualcuno ad aiutarlo... Miles infatti non è da solo in questa lotta al crimine dato che, dopo degli strani ed inspiegabili eventi, altri Spider-Man si uniranno alla sua causa. Ovviamente la trama è molto più complessa di come l'ho goffamente riassunta. Non sembra ma in realtà la trama di questo film è veramente complessa, in quanto in due ore scarse di film succede di tutto. Andare a spiegarla un po' meglio di come ho fatto io sarebbe difficile perché si incapperebbero in pesanti spoiler dato che la trama è strettamente intrecciata. La trama è stata curata nella sua interezza da Phil Lord e dal regista Rodney Rothman.

A proposito di regia, il film è stato diretto non da uno ma da ben tre registi... In ordine: il già citato Rodney Rothman, Bob Persichetti (loro due sono al loro debutto come registi) e Peter Ramsey (colui con più esperienza tra i tre avendo curato la regia del film Disney "Le 5 Leggende" nel 2012). La regia è veramente incasinata ma non in senso negativo, anzi. Nel senso più positivo del termine. Le scene d'azione sono rese alla grande, grazie ai continui primi piani e grazie al grande gioco di prospettive e c'è grande immersione nel mondo animato, quindi è stato svolto di sicuro un ottimo lavoro dal punto di vista registico. Tuttavia i difetti abbondano, anche se c'è da dire che non sono per nulla debilitanti. Sono costituiti perlopiù da piccoli crucci e sottigliezze che si possono facilmente ignorare.

Il cast, non essendo un film in "live action" (cioè nella quale a recitare non sono disegni ma attori in carne ed ossa), è costituito interamente da doppiatori d'eccezione. Nel cast risultano infatti nomi come Hailee Steinfeld (impegnata nello stesso anno anche in "Bumblebee" e recente l'avrete sicuramente vista in "Hawkeye"; in questo film interpreta Gwen), Nicolas Cage (uno dei miei attori preferiti in assoluto e direi che per lui non servano presentazioni; in questa pellicola interpreta Spider-Man Noir), Mahershala Ali (altro grande attore che ha recitato in film come "Alita - Angelo della Battaglia", film di cui abbiamo già fatto la recensione, e "Green Book" solo per citarne due; nel film interpreta Aaron, lo zio di Miles), Zoë Kravitz ed Oscar Isaac. Tra i numerosissimi cameo bisogna citare l'attore Chris Pine (altro attore che apprezzo enormemente), il rapper e cantante Post Malone (che ritornerà tra poco) e sarebbe un sacrilegio non citare Stan Lee (il film è infatti dedicato alla sua memoria essendo venuto a mancare proprio nel 2018). Io ho adorato il doppiaggio di questo film sia in lingua originale che in lingua italiana ed entrambi sono una delizia. Interpretazioni veramente memorabili con soprattutto Miles e Gwen a farla da padrona (dopotutto il film è incentrato su di loro). Vera e propria musica per le orecchie...

A proposito di musica, questo film è apprezzabile anche per la colonna sonora. Nel film sono presenti infatti presenti brani composti da artisti di fama mondiale come Nicki Minaj (con "Familia"), Lil Wayne, Ty Dolla $ign e il mai dimenticato XXXTENTACION (tutti e tre con "Scared of the Dark"), Denzel Curry (con "Elevate"), il già citato Post Malone e Swae Lee (insieme con "Sunflower" diventata ormai da anni un mio tormentone) e il compianto Juice WRLD (che compare con "Hide”). Insomma anche da questo punto di vista il film sa farsi apprezzare. A comporre la colonna sonora vera e propria è però Daniel Pemberton (già dietro la composizione della colonna sonora di "King Arthur" e che nel 2020 comporrà per "Birds of Prey").

Per concludere, personalmente ho trovato il film veramente impressionante. Mi è piaciuto dal primo davvero davvero molto all'ultimo minuto di proiezione e mi ha tenuto incollato alla sedia per tutto il tempo. Una sceneggiatura non sempre ordinata riesce comunque a dare risalto ad una storia impregnata di grinta giovanile, con sottotrame che volendo possono toccarci anche da vicino; doppiaggio spettacolare e musiche azzeccate rendono questo film una piccola perla. Rappresenta sicuramente un "Must Have" per tutti coloro che amano il cinema d'animazione. I difetti sono parecchi, è vero, ma sono tutti bene o male secondari e sono tranquillamente sopportabili, quindi secondo noi questo film è apprezzabile anche dal classico “perfettone” di turno. Piccola nota a margine, di solito ci tengo a spulciare i film sotto ogni punto di vista ma per questo film voglio che siate voi a provare le stesse emozioni che ho provato e che siate sempre voi a farvi opinione di personaggi, trama e musiche. Dopotutto il cinema è anche un qualcosa di soggettivo. Non si troveranno mai opinioni concordanti al 100% su di un film e ci sarà sempre qualcuno che esprimerà un'opinione contraria alla nostra ed è giusto così. Il bello del cinema consiste anche nel confrontarsi e nel poter dire la propria opinione, secondo me. Come al solito, consigliamo la visione di questo film a CHIUNQUE non abbia avuto la possibilità o la volontà di andarlo a vedere al cinema.

  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...