venerdì 23 settembre 2022

Il giorno in cui cambia tutto



Recensione redatta da Valerkis

So che questa recensione doveva uscire più di una settimana fa, ma per tanti motivi non sono riuscito a pubblicarla. Comunque eccola qui, buona lettura:

Più o meno, tutti i presenti in questo pianeta sanno parzialmente, completamente o approfonditamente i fatti dell’11 settembre del 2001, in ogni punto di vista da qualsiasi paese del mondo. Scommetto che, se potessero, parlerebbero persino gli alberi. Anche la Statua della Libertà!

Il film di Oliver Stone è uno dei tanti prodotti cinematografici o documentaristici inerenti agli attentati di quel giorno ed è un film che rappresenta perfettamente tutto ciò avvenuto, anche come tutto il mondo si è fermato davanti il televisore a vedere le terribili e catastrofiche immagini globali della CNN fisse sulle due Torri Gemelle del World Trade Center, simbolo della “Grande Mela” e della modernità architettonica. Questo film si è rivelato meno superficiale del previsto e vengono adottati punti di vista differenti ma soprattutto unici e indivisibili. Il punto di vista adottato principalmente è il fatto di raccontare la storia vera di quel giorno dagli occhi dei membri delle forze dell'ordine intenti a far evacuare le persone dalla prima Torre colpita al punto di rimanere incastrati tra le macerie del crollo.

In questa vicenda, John McLoughlin (interpretato dal Premio Oscar Nicolas Cage) è un sergente del Dipartimento di Polizia Portuale di New York City che coordina i suoi uomini nell’organizzazione del proprio lavoro e qui abbiamo gli altri protagonisti della vicenda. L’unico che vorrei citare perché si può considerare quello più predominante nella storia è Will Jimeno (interpretato da Micheal Peña). Durante quell’11 settembre, questi due eroi sopravvissero ad una strage globale come altre diciotto persone, considerate le uniche sopravvissute tra le macerie di quella strage. Durante il momento di agonia tra la vita e la morte, i due protagonisti lo trascorsero cercando di aiutarsi a resistere alle condizioni fisiche e psicologiche decisamente drammatiche. Parlare di ogni cosa e fare rumore erano le uniche modalità per tenersi in vita. Dove da una parte c’è l’agonia, dall’altra le signorine McLoughlin e Jimeno (interpretate rispettivamente da Maria Bello e Maggie Gyllenhaal) avevano le ansie e angosce che tutti provavano, soprattutto nei confronti dei propri mariti. Un altro personaggio importante in questa vicenda è stato il Marines Dave Karnes, considerato l’eroe dei due protagonisti sopravvissuti e il premonitore delle conseguenze di quegli attentati (la sua prima battuta dice: “Se non lo avete ancora capito, siamo in guerra!”). Micheal Shannon si è atteggiato come un vero Marines, interpretando un personaggio a disposizione nel dare una mano e quando intendevo che lui era un premonitore, dopo questi attentati si arruolò nuovamente nei Marines per andare a combattere in Iraq nel 2003 (la guerra dichiarata dal Presidente George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre insieme a quella in Afghanistan per annientare il terrorismo islamico, “causa principale” degli attentati accaduti).

É stata una storia commovente quella del film firmato Oliver Stone per la sceneggiatura di Andrea Berloff, curata in maniera buona per la spiegazione dei fatti e lasciando da parte le varie teorie esistenti, i complotti e la politica ma risaltando quello che hanno provato tutti, da chi stava semplicemente guardando la televisione a coloro in preda tra la vita e la morte come poliziotti, pompieri e civili.

Cage e Peña sono stati degli ottimi interpreti di una tragedia globale e discutibile ancora dopo ventuno anni dall’accaduto e ottima la capacità di Oliver Stone nel dirigere alcuni dei personaggi più drammatici visti finora e nel raffigurare i momenti più critici nella maniera più claustrofobica possibile. Anche la Bello e la Gyllenhaal hanno dato la loro buona interpretazione come mogli alla rincorsa per salvare moralmente i loro uomini. Le mie ovazioni vanno anche alla colonna sonora firmata Craig Armstrong, ampliando la drammaticità che già il film trasmette.

L’11 settembre del 2001 poteva essere la classica giornata lavorativa oppure poteva essere particolare per un fidanzamento, un matrimonio, una festa importante, un evento significativo di qualsiasi genere e invece tutto il mondo si è fermato quel giorno, tranne per coloro che ci hanno rimesso la vita per salvarne altre. La città di New York è stata invasa da nubi di fumo e terrore, panico, angoscia e disperazione. Ne potremmo parlare per ore, per giorni, per settimane di questo evento, di questi attentati, di questa tragedia che da quando ne sono venuto a conoscenza nella mia vita ho sempre pensato di non considerarlo un attentato qualsiasi, ma qualcosa di più imponente e tragico. I risultati sono stati una diffusione del terrore e l'indebolimento della società, come quella occidentale, rendendola molto più vulnerabile scatenando ulteriori violenze. Non dimentichiamo tutto questo e riflettiamo per trovare una forza unica contro queste follie dove si richiede assoluto impegno e volontà da parte di tutti, nessuno escluso.

Non dimentichiamo ciò che è accaduto, per favore!

sabato 17 settembre 2022

VENDERSI PER UN PUGNO DI DOLLARI

Recensione redatta da Rickers

Il western è un genere cinematografico ormai sempre più in declino. Di western (nel senso del termine) ne sono usciti davvero pochi capaci di lasciare un grande impatto: per esempio Rango, bellissimo western d’animazione di cui sicuramente tratterò in qualche prossima recensione, del 2011; Django Unchained e The Hateful Eight, entrambi western targati Tarantino, rispettivamente del 2012 e 2015 e I Magnifici 7, rifacimento dell’originale capolavoro del 1960, distribuito nelle sale nel 2016. Insomma di western ormai considerabili “degni di nota” si contano sulle dita di una mano. Eppure non è sempre stato così. Il western era un genere che fin a pochi decenni fa era capace di vendere. Basti pensare a film come Ritorno al Futuro III (1990) e Young Guns (1988), che nonostante gli anni hanno continuato a vendere. Tuttavia, il genere ha dovuto mutare per mantenere un minimo di popolarità, Ritorno al Futuro III e Cowboy & Aliens (2011) ne sono l’esempio più lampante, è questo mi fa dispiacere non poco. Ormai si è capito che io sono un fan accanito dei film western. Da buon fan quindi non mi resta altro che prendere spunto proprio da Ritorno al Futuro III e parlarvi del film che ha dato vita ad una delle trilogie più importanti e influenti nella storia del genere western e di tutto il cinema, quella “del Dollaro” di Sergio Leone.

Per un Pugno di Dollari quindi è l’inizio di quel fantastico racconto. Il film, uscito nel 1964, è considerato uno dei film western più famosi e importanti nella storia del genere, non solo perché arrivato in un momento di forte smarrimento per i western, ma anche per la caratura dei personaggi, della sceneggiatura e della colonna sonora. Questa pellicola ha spianato la strada per tutto il filone degli “spaghetti-western” che negli anni a seguire avrebbero fatto furore, sia in Italia che negli USA.

Protagonista del film è un pistolero solitario senza nome (solo più in là si scoprirà il suo nome, ovvero “Joe”) che dopo essere giunto in una cittadina, presumibilmente al confine tra Stati Uniti e Messico, dominata da due famiglie in continua lotta, ovvero i Baxter e i Rojo. Il pistolero, vedendo la situazione esplosiva tra le due fazioni, decide letteralmente di vendersi “per un pugno di dollari” ad entrambe al fine di fare più soldi possibili.

La pellicola presenta diverse peculiarità. Innanzitutto, all’inizio del film, quando vengono visualizzati i crediti, sono presenti dei nomi anglofoni come ad esempio Bob Robertson o Dan Savio. Questi nomi non sono nomi reali ma dei nomi fittizi usati dalla produzione per far credere al pubblico che il film fosse di produzione americana. Sergio Leone, regista del film, è Bob Robertson; Dan Savio è in realtà Ennio Morricone, autore delle musiche; John Wells è invece Gian Maria Volonté, che nel film interpreta il ruolo di Ramon. Altra peculiarità, il film è una sorta di “remake” del film "La sfida del samurai", film del leggendario regista giapponese Akira Kurosawa, grande ispiratore di Leone e di tantissimi altri registi western e non solo.

La sceneggiatura è solida e ha un non so che di epico. La regia supporta questo sapore con inquadrature studiate alla perfezione ricche di prospettiva. Una peculiarità di Leone sono proprio le inquadrature prospettive e i primi piani ravvicinati. Queste stesse idee registiche sarebbero state “rubate” da registi successivi, primo tra tutti Quentin Tarantino. Il modo di intendere cinema ha subito un forte scossone grazie alle idee portate in campo da Sergio e continuano ancora oggi ad essere innovative e mai fuori moda.

Il recitato è di primo livello. Il cast non sarà come quelli dei film futuri ma il talento coinvolto è comunque altissimo. Tra tutti spiccano Gian Maria Volonté, che interpreta il ruolo di Ramon e che sarà presente anche nella successiva pellicola, ma soprattutto Clint Eastwood, attore che personalmente ritengo insuperabile grazie alla sua mimica facciale e del corpo e grazie alle sue interpretazioni incredibilmente ricche di immedesimazione. Il doppiaggio italiano è una vera delizia. Enrico Mario Salerno, storico doppiatore di Clint, Nando Gazzolo e compagnia fanno davvero un lavoro egregio.

Il comparto musiche non ha bisogno di parole, se non di due sole: Ennio Morricone. Un nome, una garanzia. In questo film si sente tutto il gusto per la scena, per il pathos, per lo stupore che il maestro Morricone trasmetteva in ogni sua composizione. Non lo ritengo essere la colonna sonora migliore della trilogia, ma in un certo senso ha innovato e ispirato. Addirittura lo stesso Morricone si è ispirato alle musiche da lui composte per questo film quando stava curando le musiche di "The Hateful Eight".

In conclusione, questo film si lascia vedere che una meraviglia. Regia impeccabile, recitato magistrale e musiche memorabili rendono questa pellicola una vera e propria perla, nonché pietra miliare del genere western. Scene mitiche, come quella del duello finale, sono ormai entrate nell’imaginario collettivo. Ricollegandomi a "Ritorno al Futuro III", in quel film è stata inserita una scena molto simile a quella del duello finale tra l’uomo senza nome e Ramon. L’impatto che questo film ha avuto nel mondo del cinema è innegabile e a mio parere, questo film ritengo sia uno dei punti più alti di tutto il cinema western. Un filmone da recuperare e vedere subito, per quei pochi che ancora non l’hanno fatto.

mercoledì 14 settembre 2022

Scarlett al 100%



Recensione redatta da Valerkis

Tra “Limitless” e “Italiano medio” (presto porterò le loro recensioni) c’è anche Luc Besson con la sua visione inerente alla tematica di un ipotetico utilizzo reale di tutte le capacità del nostro cervello, colui che controlla e gestisce gli aspetti del nostro corpo e della nostra vita.

Lucy (interpretata da Scarlett Johansson) è la protagonista che viene coinvolta in un traffico di sostanze illegali e si tratta, in particolare, di una molecola potente che permette alle persone di avere delle capacità scientificamente inapprovate e surreali. Tra Taiwan e l’Europa, la nostra Lucy diventa un’entità potente capace di raggiungere il massimo delle sue potenzialità e così aiuta le forze dell’ordine nel bloccare il traffico illegale di questa sostanza e gli scienziati nel compiere la ricerca. È una storia divisa in due parti: da una parte c’è la versione di Lucy e dall’altra c’è la lezione universitaria sulle capacità del cervello curata dal Professor Samuel Norman (interpretato dal Premio Oscar Morgan Freeman) mostrata e spiegata tipo documentario e con questo vorrei passare a come viene illustrato registicamente questa vicenda.

Luc Besson ha voluto giocare con la scienza, la fantasia e la tecnologia! Si rivela sempre di più un ottimo ricercatore di contenuti più che buoni da tramutare in storie di ogni tipo e questo significa maturità e voglia di effettuare efficientemente il proprio lavoro. Besson è quel regista che ha provato tutto, dai film d’animazione ad un film “psichedelico” vero e proprio come questo. Dimostrazione? Quando Lucy elenca le sue possibilità, si percepiscono di sottofondo suoni e immagini. Questo mi ha colpito in una maniera impeccabile, come nel complesso la sua evoluzione registica attraverso la ricerca e sperimentazione di generi nuovi e diversi. La Johansson si è comportata un po’ alla “black-widow” mostrando la buona abilità, conoscenza e potenza che il personaggio doveva mostrare assolutamente e quindi la scelta di un’attrice come lei è stata buona come poteva essere rischiosa. Sicuramente una salvezza è stata la sua sensualità, mostrata sempre nei film dove lei è l’interprete principale. Freeman è riuscito ad essere distinto nella sua interpretazione e spiegazione, insomma nulla di eccezionale e per quanto riguarda gli altri interpreti vorrei citare solamente il capo del traffico di droga Jang (interpretato da Min-sik Choi) risultato un buon cattivo, deciso e determinato negli affari e il poliziotto Pierre Del Rio (interpretato da Amr Waked) un personaggio collaborativo con la protagonista e nel bloccare la circolazione della molecola.

Chissà perché la storia è ambientata nella maggior parte proprio in una località come il Taiwan, insomma la Cina per intenderci. Domanda che mi sono posto e non saprei dare una risposta certa! Forse c’era bisogno di trasmettere una località molto caotica e frenetica come rappresentazione dell’evoluzione della specie e di cosa è riuscito a creare l’essere umano, arrivando alla dimostrazione di quella che conosciamo come società contemporanea e modernizzata. Quindi la Cina è perfetta e a questo punto direi, che più si tratta di una potenza economica mondiale e più si può rappresentare facilmente quella che definirei la “frenesia sociale”. Ovviamente mi fermo qui per non soffermarmi molto per paura di parlare d’altro!

Comunque con questo film, Besson si conferma un buon regista e imprenditore nelle sue produzioni di storie coinvolgenti dal primo minuto dove il genere varia, la Johansson sempre determinata nelle sue azioni e posso dire anch’io di aver visto cosa avviene quando si usa il cervello “a pieni giri”, notando così momenti surreali, spaziali e anche un po’ spaventosi. Vorrei che la scienza ne cominciasse a trattare maggiormente, perché si potrebbero scoprire delle potenzialità le quali gli esseri umani sarebbero capace di adottare per migliorare, oppure peggiorare, la propria esistenza ma sicuramente avere una maggior razionalità nell’adattamento.

venerdì 9 settembre 2022

La sua regia si evolve ancora!

 


Recensione redatta da Valerkis

Il premio Oscar Clint Eastwood ritorna dietro la macchina da presa senza che lui stesso intraprenda una parte nella vicenda da raccontare e posso dire ha raccontato in maniera impeccabile un’emozionante storia vera.

Chi è Richard Jewell? Un eroe? O un criminale? Insomma ha vissuto tre mesi dove i giornalisti e gli investigatori influenzarono la sua vita quotidiana e anche quella di sua madre, standoli sempre con il fiato sul collo. Durante le Olimpiadi ad Atlanta nel 1996, Richard Jewell (interpretato da Paul Walter Hauser) lavora come vigilantes nella zona di Central Park dove le persone trascorrono delle serate indimenticabili in segna del divertimento e della musica. Ama il suo lavoro e lo fa con vero piacere e predisposizione, ma c’è qualcosa che rende quell’atmosfera non gioviale come dovrebbe sembrare. È un attimo vedere come le autorità e lo Stato rende un’icona eroica in un’icona sospetta e perfino paurosa. È stato vergognoso e il giornalismo ci ha messo del suo e per ottenere infine cosa, la prima pagina! Devo dire che Olivia Wilde nell’interpretare l’attraente e irritante Kathy Scruggs è stata perfetta al punto di odiarla amaramente, comunque bravissima e bellissima! Ma se da un lato ci sono soggetti che vorrebbero “friggere” Jewell, ce n’è uno che non lo vorrebbe solo aiutare, ma lo vorrebbe affiancare nella sua battaglia ingiusta con le autorità. Il nome è Watson Bryant (interpretato da Sam Rockwell), un personaggio che sembrava il solito testardo e fanatico avvocato americano, invece si è mostrata una persona leale e fiduciosa nei confronti di Jewell. Devo ammettere, entrambi sono una coppia vincente sia nei personaggi sia nella recitazione, voglio dire stimo e adoro i personaggi di Richard Jewell e dell’avvocato Watson Bryant come gli attori Sam Rockwell e Paul Walter Hauser i quali sono riusciti ad adottare uno stile recitativo elevato e ben definito in base ad una sceneggiatura articolata e ad una regia professionale come in questo caso (parliamo sempre di un Premio Oscar, scusate, di cinque Premi Oscar).

Clint Eastwood alla bellezza di 89 anni, riesce ancora ad evolversi dietro la macchina da presa. Complimenti! Ha provato inquadrature nuove, ha diretto gli attori con una grinta ancora potente al punto di essere riuscito a farmi percepire tante delle emozioni che noi esseri umani conosciamo. Non è da tutti alla sua età questa volontà lavorativa e ci può anche stare il fatto di lasciarsi un po’ andare e invece così non sembra, anzi, vorrebbe continuare ancora a regalarci delizie cinematografiche che valgono oro! Hauser è stato bravissimo nel farci conoscere un personaggio buffo, simpatico, ma con la voglia di fare bene il suo lavoro al punto di diventare un eroe ed è stato bello vedere come le persone lo ringraziavano. Poi ci sono quelli che vorrebbero mandarlo all’altro mondo per delle false e allucinanti inchieste poliziesche e giornalistiche. Ho respirato un po’ l’atmosfera dei film con l’ispettore Callaghan ma non è stato eccessivo, altrimenti sarebbe stato un film contorto. Bravo ancora Clint! E le mie congratulazioni vanno anche a persone come Leonardo DiCaprio e Jonah Hill nel crederci in questa storia e collaborare con Clint e altri nella produzione, quindi nell’investimento di un’altra perla firmata da un immenso premio Oscar chiamato Clint Eastwood. Ma dimenticavo di Kathy Bates (l’attrice protagonista di “Misery non deve morire” che ha interpretato la mamma di Jewell), bravissima nell’interpretare un personaggio fiducioso nei confronti del figlio quando tutti lo reputavano un mostro. A questo punto, il buon lavoro va dato anche a Marie Brenner e Billy Ray, i curanti di soggetto e sceneggiatura. 

lunedì 5 settembre 2022

UN FILM CHE POTEVA REGALARE MOLTO DI PIU'...

 

Recensione redatta da Rickers

Finalmente eccoci tornati qui sul blog dopo la fine della nostra (e della vostra) pausa estiva. Ormai l'estate è quasi arrivata al suo termine ma il cinema continua ancora il suo incredibile ed entusiasmante cammino. Dopo aver assistito alle uscite di questa calda estate (abbastanza deludenti, a dire il vero), mi sono lasciato assalire da una ventata di nostalgia che mi ha spinto a voler continuare la nostra attività lì dove l'avevamo lasciata con il nostro ultimo appuntamento.

La serie di Cars avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, perché nel bene o nel male mi ha accompagnato durante la mia crescita come appassionato di cinema, di motori e di film d'animazione. Nonostante questa piccola premessa, confesso di non aver ancora visto Cars 3... Comunque giuro solennemente che prima o poi lo farò, lo prometto. Tornando un attimo seri, mi ricordo che vidi questo film quando ero solamente un ragazzetto assieme ai miei e all'epoca andai fuori di testa, mi sembrava la cosa più bella che avessi mai visto. Adesso però, riguardandolo con occhio più maturo, devo dire che il rivederlo non mi ha provocato lo stesso effetto.

La trama vede il protagonista dello scorso film, Saetta McQueen, ormai come un pilota maturato e di fama mondiale, avendo vinto la sua quarta Piston Cup. Saetta, per rifugiarsi dalla fama e per prendersi dei momenti di relax in vista dei prossimi impegni, torna a Radiator Springs dove ritrova tutti i suoi amici, incluso Cricchetto. Nel frattempo Sir Miles Axelrod annuncia di aver ideato il World Grand Prix, un torneo di corse a cui parteciperanno piloti famosi da tutto il mondo e che si terra in più nazioni. Axelrod, ricco magnate petrolifero convertitosi al rinnovabile, intende usare il torneo come trampolino di lancio per il suo nuovissimo combustibile naturale, l'Allinol. Saetta viene invitato a partecipare in virtù delle sue incredibili doti da pilota e lui accetta. Saetta e tutto il suo team, di cui fa parte anche Cricchetto, partono alla volta del Giappone, prima tappa del torneo. In Giappone gli agenti segreti Finn McMissile e Holley Shiftwell, impegnati in una missione dall'estrema segretezza, confondono Cricchetto per un loro collega americano. Avrà così inizio una serie di pericolose avventure per il simpatico carro attrezzi che però metteranno a dura prova la sua amicizia con Saetta.

La trama, a grosse linee, si presenta in questo modo. Questo è un piccolo incipit ma la trama di questo film tocca numerose tematiche, anche abbastanza importanti. L'importanza e la costruzione delle amicizie, la sportività, il senso del dovere e del sacrificio, l'amore e tante altre tematiche sono tutte quante toccate e approfondite molto bene nel film, con alcune scene chiave che sottolineano ampiamente le mie parole. Nonostante fino ad ora io abbia usato solo belle parole per la trama, questa a mio avviso è stata concepita bene ma realizzata male. Mi spiego: il film inizia molto bene, con un incipit dalle fondamenta solide e dalle premesse accattivanti; tuttavia, il film va via via scemando sempre più in un climax esagerato costituito da colpi di scena assurdi e cliché banali, che non fanno altro se non rovinare una trama partita con il botto. Davvero uno spreco.

La regia è curata dalle mani di John Lasseter e di Brad Lewis. Nonostante la progressiva caduta del film, la fattura di Lasseter si sente fortissimo anche se non riesce a salvare una trama che col passare dei minuti peggiora sempre più.

Il cast del film è composto interamente da doppiatori d'eccezione. Si segnalano Owen Wilson (attore che io adoro alla follia) nel ruolo di Saetta, Michael Caine nel ruolo di Finn McMissile, John Turturro (altro attore che adoro) nel ruolo di Francesco Bernoulli, Darrell Waltrip (conosciuta leggenda NASCAR) nel ruolo di se stesso, David Hobbs (ex pilota Formula 1) nel ruolo di David Hobbscap, Jeff Gordon (altra leggenda NASCAR) nel ruolo di Jeff Gorvette e Lewis Hamilton (famosissimo pilota Formula 1) nel ruolo di se stesso. Il cast vocale risulta nel complesso abbastanza buono nella versione originale del film, ma il doppiaggio italiano si rivela ancora migliore. Sono presenti infatti Dario Penne (doppiatore di Anthony Hopkins, tra gli altri), Paola Cortellesi, Mino Caprio, Alex Zanardi (ex pilota di Formula 1), Pietro Ubaldi, Sabrina Ferilli, Ivan Capelli (altro ex pilota Formula 1), Sophia Loren e Oreste Baldini.

Le musiche sono realizzate da Michael Giacchino (che di recente ha curato le musiche di The Batman e di Thor: Love And Thunder) e riescono a dare un po' di colore ad un film che altrimenti risulterebbe spento e privo di mordente.

In conclusione, questo film è stata per me una spiacevole riscoperta. Francamente non l'avrei neanche fatto uscire, sapendo dell'enorme successo del suo prequel. Da piccolo mi fece letteralmente impazzire, forse proprio perché a livello di tematiche, dialoghi e impatto questo film si presta più ad un pubblico di bambini che ad un pubblico più maturo. Come detto, il film inizia col botto presentandoci una trama lineare, solida e accattivante, ma col corso dei minuti precipita ad una velocità da mayday. Ciò è veramente un peccato, perché poche volte mi ricordo di un potenziale così elevato buttato così alle ortiche. Bene ma non benissimo il cast vocale, da gente come Owen Wilson, John Turturro e Michael Caine mi aspettavo decisamente di più. Meglio il doppiaggio italiano, anche se di veramente poco. Michael Giacchino fa quel che può per salvare in corner con qualcosa di vagamente studiato in un film troppo smielato e infantile, soprattutto sul finale. John Lasseter rappresenta forse l'unica eccezione di questo film. Ottime riprese, suggestive e che riescono a valorizzare a dovere i magnifici paesaggi proposti. Raramente mi capita di bocciare un film che ho amato sin dalla tenera età, ma bisogna riconoscere che ciò che da piccoli amavamo non è detto che anche da grandi lo ameremo.

  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...