lunedì 30 ottobre 2023

Il mese dell’economia: il consumismo



Recensione redatta da Valerkis

Ero indeciso se portarlo o no questo film, perché rivederlo a distanza di molti anni l'ho compreso diversamente dalla prima volta che l'avevo visto. Sicuramente tratta un argomento strettamente economico, quello del consumo ma anche di come ciò possa prevalere troppo sulle azioni quotidiane. Inoltre si affronta il fatto che le persone seguano la moda dal punto di vista consumistico e quindi ci sarebbe un duplice aspetto. Ma in fondo questa vicenda affronta un aspetto in particolare: la “Patologia da shopping compulsivo”. Come penso io e credo molti economisti, in fondo “siamo tutti consumatori”. Mangi? Consumi cibo. Hai sete? Consumi acqua. Hai freddo? Consumi il gas per riscaldare o prepararti una tazza di cioccolata calda. Alla fine è un diritto usufruire delle risorse che abbiamo a disposizione in base ai propri bisogni. Ma a tutto c’è un limite, per non rendere il consumo troppo oneroso ed evitando perciò di generare conseguenze negative che possano ampliare già non pochi problemi. Dove abbiamo qui il consumo? Sull’acquisto di vestiti, di accessori e di tutto ciò che ci serve per apparire e non per essere.

Rebecca “Becky” Bloomwood (interpretata da Isla Fisher) è una giornalista che vorrebbe entrare nel settore della moda, ma prima di raggiungere quella posizione lavorerà per il settore dell’economia. Lei soffre, appunto, della “Sindrome da shopping compulsivo”. Compra, compra e compra vestiti e accessori di marca per adeguarsi alla moda e per apparire ciò che lei non è, ovvero qualcuno che possa permettersi un alto tenore di vita. Ma è proprio questo il punto, non se lo potrebbe permettere e cosí si indebita (conseguenza negativa del consumo) e non sa come ripagare il suo creditore, sfuggendo continuamente. Il suo capo Luke Brandon (interpretato da Hugh Dancy) rimane attratto dalla protagonista e di lei riuscirà a creare un doppio aspetto, facendole perseguire delle soddisfazioni mai giunte a lei prima d’ora. La sua amica Suze (interpretata da Krysten Ritter) è la persona più paziente e che sopporta Becky nel suo modo di essere e cercando di farla uscire da quel maledetto circolo vizioso.

L’obiettivo del consumatore è quello di soddisfare maggiormente il proprio bisogno attraverso le risorse che ha a disposizione (solitamente il reddito, o remunerazione). Qui viene mostrata l’altra faccia della medaglia, quando acquisti e consumi oltre le proprie disponibilità e i veri interessi. Il personaggio interpretato dalla Fisher mostra perfettamente un’immaturità e sottovalutazione, causata dalla sua patologia. Buona la sua interpretazione goliardica e pazza. Anche Dancy mi è piaciuto nei panni del suo personaggio. Per quanto riguarda gli altri, la Ritter ha interpretato anche lei un personaggio semplice e il resto degli attori sono stati scontati, niente di eccezionale, a mio parere, tra chi doveva aiutare la protagonista, mostrarsi superiore e riprendersi un bel gruzzoletto di soldi. Ci ho rivisto un po’ lo stile del film “Il Diavolo veste Prada” nell’ambito della moda e di come la protagonista volesse paragonarsi a qualcuno di superiore a lei e ovviamente questo film non ha eguaglianza con quel gioiellino. 

Non ho idea di come sia il romanzo scritto da Sophie Kinsella, ma il film diretto da P. J. Hogan è un film non elaboratissimo ma che va visto per rilassarsi e divertirsi un po’, anche se quel piccolo messaggio da tramandare ce l’ha e magari evitate di ignorarlo, perché vi fareste un regalo per salvaguardare le vostre spese e capire se quello che comprate vi soddisfa oppure no. Comunque, credo di aver capito perché qualcuno diceva che era contrario alle carte di credito. Perché se non hai controllo del proprio diritto al consumo, ti indebiti e poi ti stanno col fiato sul collo. Consumate ma non esagerate negli acquisti perché il troppo non vi rende felici, vi rende più fragili e insoddisfatti.

giovedì 26 ottobre 2023

Lusso estremo in una storia agghiacciante

 


Recensione redatta da Valerkis (per la collaborazione con Nii_Culture)

So che questa recensione non riguarda affatto la serie che ho iniziato sull’economia, anche perché questo non è un film che affronta la Gucci come azienda, principalmente. Come vi avevo avvertito sulla mia pagina Instagram, avrei pubblicato durante il mese di ottobre quest'articolo in merito alla collaborazione con il mio amico Gabriele della pagina Instagram “Nii_Culture”. Abbiamo deciso di riproporre un film che siamo andati a vedere insieme due anni fa, ormai, raccontando un fatto preciso che ha colpito la famiglia Gucci: l’omicidio di Maurizio, principale azionista dell’azienda di famiglia dal 1983 al 1995 (anno del suo assassinio).

La trama è tratta dal libro di Sara Gay Forden e parte dalla fine degli anni ’70, con l’incontro tra Patrizia Reggiani (interpretata da Lady Gaga) e Maurizio Gucci (interpretato da Adam Driver). Questo ha determinato la loro relazione sentimentale. Successivamente conosceremo la famiglia Gucci in sè: abbiamo Aldo (interpretato da Al Pacino), Paolo (interpretato da Jared Leto) e Rodolfo Gucci (interpretato da Jeremy Irons). Il primo è stato lo zio di Maurizio, il secondo suo cugino e il terzo suo padre. Diciamo che Maurizio veniva visto come il “playboy” di turno, il classico figlio di papà che studiava e si godeva la vita dietro gli affari presi dalla sua famiglia, quando le cose cambiarono. Sia Patrizia sia Aldo, coinvolsero Maurizio ad entrare nella vita della società e di esserne partecipe a pieni titoli (per usare un termine “tecnico”). Come tutta l’armonia è stata creata, però, si è trasformata immediatamente in una tensione unica e senza precedenti e ciò si è riversato all’interno dell’azienda.

Allora da dove vogliamo iniziare, dagli attori? Ma si! Ridley Scott, che ha un nome da difendere, decide di dare spazio ad attori che hanno delle capacità nell’interpretare dei personaggi, nel complesso, tormentati dalla vita sentimentale, personale, famigliare e lavorativa. Lady Gaga, dopo essersi mostrata imponente con “A Star is Born” al fianco di Bradley Cooper, decide di lasciare la sua impronta anche in questo film, soprattutto in un’interpretazione malefica e non benevola, come magari si poteva pensare. Interpretazione decisa, nel suo complesso. Qualcuno mi dirà che la sto sopravvalutando! Ora va bene che io la apprezzo come artista, ma è esattamente come la penso. Adam Driver l’avevo lasciato dall’ultima trilogia della saga di “Star Wars” dove interpretava un perfetto cattivo e qui me lo ritrovo pienamente nell’etica del “playboy” che poi si propone improvvisamente manager di un’azienda familiare da lui ignorata e comunque difficile da gestire come tutte le società di capitali. Ha interpretato un personaggio che, cinematograficamente, risulta essere inferiore di quanto voleva mostrarsi. Nessuna colpa dell’attore, ma pura realtà di un personaggio definito in questa maniera. Ad Al Pacino che vogliamo dirgli? Nulla, già il suo nome parla da sé. Jeremy Irons? Ottima interpretazione. Jared Leto? Pienamente ingenuo e sottovalutato dalla famiglia. Dimenticavo di Salma Hayek nei panni di Pina Auriemma (la complice dell’assassinio) che ha comunque interpretato la sua parte al giusto posto.

La lavorazione di questo film andava avanti da quindici anni, cambiando regista, attori e aprendo una collaborazione con la Gucci per accedere ai propri archivi, rilevati utili per le riprese del film. Sono contento che l’azienda non si è tirata indietro per evitare qualche scandalo o qualcosa di similare, intraprendendo la scelta di collaborare per il film diretto da Scott! Poi finalmente, si trovano cast, regista e sceneggiatori giusti. Del cast ne abbiamo parlato, ora parliamo della regia. Già il nome dice tanto, Ridley Scott. Professionalità e autenticità mostrata da parte sua in una vicenda che non è semplice da comporre, per evitare ritorsioni e mettendoci quel dettaglio che rende la storia più articolata di quanto doveva essere. È bello come si percepisce una certa autorità assunta, ma è un attimo avere tutti contro e perdere il controllo. Parlo di ciò che mi ha trasmesso la vicenda e non di eventuali fattori negativi. Forse la sua lentezza ha determinato una storia non entusiasmante e quasi superflua per certi versi, oppure potevano essere approfondite alcune parti, come ad esempio la situazione e l’evoluzione aziendale. Ma non era l’obiettivo del film, credo. Per quanto riguarda la sceneggiatura è risultata ricca di dettagli da trasformare in immagine dove è stata prevalsa una certa autenticità dei Gucci, percependo il loro benessere ma anche di come tutto può decadere. Comunque buono il lavoro svolto da Roberto Bentivegna e Becky Johnston (che ha curato inoltre la storia nel soggetto). La colonna sonora mi ha immerso nella piena italianità della vicenda, facendomi sentire a casa con i vari brani italiani delle opere classiche e liriche. Grazie Harry Gregson Williams per questa scelta. La fotografia curata da Dariusz Wolski è stata semplice, ma nulla di eccezionale, a mio parere. 

So che quando pensate alla moda del lusso pensate ad un nome come Gucci e fate bene. Pieno emblema del “Made in Italy” e di come abbia aumentato la sua crescita aziendale anno dopo anno (in relativo ai dati post-pandemici). Questo film racconta una vicenda che fa riflettere su cosa avviene dietro un nome, una famiglia e un’azienda nota come Gucci quando vengono colpiti da tensioni e crisi di ogni tipo, che coinvolgono la famiglia stessa e l’organizzazione aziendale. Qualcuno potrebbe pensare che dietro ad entità appartenenti a certe classi sociali si possa percepire solo un certo benessere, ma invece accadono situazioni che nel peggiore delle ipotesi finisce nel modo più crudele immaginabile, come in questo caso. Regia, sceneggiatura e attori meritevoli per un film da seguire e da integrare con qualche spunto da prendere su Gucci e di come si è evoluta nel corso degli anni, riprendendosi da una crisi che si è percepita all’interno della vicenda.

Dopo tutto ciò, qualcuno che mi accompagna a comprare una cintura o un marsupio da Gucci? Poi come pagare, basta dare le coordinate bancarie. Grazie mamma e papà per il regalo di Natale anticipato! A parte gli scherzi, li devo ringraziare perché mi supportano sempre e ringrazio Gabriele, sperando che questo sia l’inizio di tante collaborazioni insieme.


Sitografia:

Collaborazione Gucci-produzione: https://wwd.com/feature/marco-bizzarri-japan-new-ginza-store-house-of-gucci-1234776505/

Pagina Instagram "Nii_Culture": https://www.instagram.com/nii_culture/


giovedì 12 ottobre 2023

Il mese dell’economia: crac finanziario e falso in bilancio



Recensione redatta da Valerkis

Andrea Molaioli torna dietro la macchina da presa dopo aver vinto i David di Donatello nel 2008 per il suo misterioso film “La ragazza nel lago”, affrontando un caso storico per l’Italia: il "crac finanziario" della Parmalat (nel film si chiamerà Leda), ovvero un crollo del valore aziendale e dell’azienda stessa. Detto in parole povere. Andiamo alla trama:

Ernesto Botta (interpretato da Toni Servillo) è il direttore commerciale della Leda. È considerato il braccio destro e consulente economico-finanziario del presidente Amanzio Rastelli (interpretato da Remo Girone - che palesemente ha ricoperto il ruolo di Calisto Tanzi, presidente e fondatore della Parmalat). La Leda ha sempre avuto problemi finanziari e quando decidono di entrare in borsa, fu un assaggio di benessere e solidità per tutti. Per Botta l’arrivo di Laura Aliprandi (interpretata da Sarah Felberbaum) gli cambierà completamente il suo modo di essere come la sua monotona, rigida e noiosa vita lavorativa e tutta Leda. 

Non andiamo troppo oltre a raccontare, perché lo “spoiler” è dietro l’angolo. Il film è stato strutturato bene, nel suo complesso e non è neanche troppo complicato da capire, quindi buona la sceneggiatura scritta da Molaioli, Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli. Comunque c’è ben poco da capire. Non ci sono soldi! E che si fa? “Inventiamoceli”, dice Botta a Rastelli. È facile dire così, peccato che in Italia il “falso in bilancio” è un reato penalmente perseguibile da sempre. Dichiarazioni false sul bilancio dell’azienda (documento che raccoglie tutte le attività aziendali avvenute solitamente nell’arco di un anno) è un’illusione ai danni degli investitori che si ripercuote sull’affidabilità aziendale. La Leda ha sempre cercato, in ogni modo, di salvarsi e tra la borsa, gli investimenti, le pubblicità, le società consolidate (società appartenenti ad un’azienda leader) e forse qualche appoggio politico, non c’è stato nulla da fare. Il crac era visibile a livello concettuale, a livello fisico e psichico tra i gestori dell’azienda. 

Gli attori protagonisti sono stati perfettamente complici di tutto quanto e comunque, continuo a reputare Toni Servillo un grande attore. Per carità anche Girone non scherza, mostrando la sua stanchezza e delusione personale ma pronto a fare qualsiasi cosa per “salvare” la sua azienda. Buona interpretazione anche per la Felberbaum. Sapete anche chi mi è piaciuto inaspettatamente? Lino Guanciale, nei panni del direttore marketing Magnaghi. Un’interpretazione, la sua, che preoccupa e influenza tutta l’attenzione posta dallo spettatore. Giustamente. Vorrei nominare anche Renato Carpentieri, perché un nome come il suo ha ricoperto un ruolo breve ma intenso per quanto riguarda il rapporto che aveva con Rastelli. Teho Teardo, alla colonna sonora, crea delle sinfonie che ti rendono complice di un reato finanziario difficilmente da far passare inosservato. Ottimo lavoro anche per Luca Bigazzi, alla fotografia, alternando oscurità e serenità come questo film voleva mostrare. 

È un film che affronta un argomento discutibile nell’ambito dell’economia aziendale e analizza cosa c’è esattamente dietro a questo “buco” invisibile ma presente. Attori azzeccati e regia che non lascia da parte niente e nessuno, per semplificare ma coinvolgere lo spettatore il più possibile.


Sitografia per approfondimento:

falso in bilancio: https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2015/12/18/falso-in-bilancio

crac finanziario: https://www.meliusform.it/crac-finanziario-e-governance.html

caso Parmalat: https://startingfinance.com/news/il-crac-parmalat-un-fallimento-da-e14-miliardi/


giovedì 5 ottobre 2023

Un viaggio lungo e disumano



Recensione redatta da Valerkis

Durante il Festival di Venezia del 2023, anche il film di Matteo Garrone è stato protagonista di quest’evento grazie ai vari riconoscimenti ricevuti e strameritati e direi anche per la confermata capacità registica di Garrone stesso, a mio parere. Dopo aver voluto affrontare, anche lui, la famosa favola di Collodi, torna a fare cinema con la C maiuscola. Rimettendosi dietro la macchina da presa ha diretto, secondo me, con maestria una vicenda che ti coinvolge nel viaggio intrapreso dai protagonisti. Un viaggio lungo e disumano.

Si parte dal Senegal e si arriva in Italia, alle porte dell’Europa per i nostri due protagonisti: Seydou (interpretato da Seydou Sarr) e Moussa (interpretato da Moustapha Fall). Le aspettative sono tante ma non rispecchiano la realtà, perché spetterà a loro un lungo viaggio e con l’avvenimento più che certo di situazioni impensabili ai loro occhi.

È un film completo per ciò che doveva raccontare e non è assolutamente scontato. Ma d’altronde Garrone non è un regista da definire tale. Il fatto che la vicenda sia nella lingua originale degli attori, può essere solo che un fattore relativo sul giudizio finale. Può piacere o non piacere. A me è piaciuto e non ha pesato particolarmente leggere i sottotitoli. Comunque ho percepito una certa libertà nel lasciarli esprimere con la propria dialettica ed è uno di quegli aspetti registici da non far passare inosservato. Il viaggio è stato intenso, vasto e, come ho detto prima, disumano. A proposito di quest’aspetto, nella scena più disumana del film ho rivisto moltissimi aspetti di “Dogman” (altra perla di Garrone). Tosta da digerire, ma dal punto di vista registico credo che colpisce in un attimo, emotivamente, lo spettatore. 

Paolo Carnera alla fotografia è stato autentico nel suo genere e si è migliorato molto. Riesce a coinvolgere visivamente lo spettatore tra i vari colori e aspetti che il viaggio assume, dal giorno torrido del deserto alla notte gelida, misteriosa e ventosa. Tutto accompagnato da un montaggio che sfuma e cambia, per il quale vorrei fare i miei complimenti a Marco Spoletini per questo bel lavoro. In questo film sono importanti i suoni, non solo l’affascinante colonna sonora (curata da Andrea Farri), perché ricoprono e rappresentano perfettamente le situazioni e i pensieri su ciò che avverrà agli occhi dei personaggi coinvolti. Ripensare alla scena finale e sentire il suono del mare presente nei pensieri di Seydou, è una chicca eseguita da un regista degno di chiamarsi tale. Parliamo della sceneggiatura scritta da Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Andrea Tagliaferri e da un inaspettato Massimo Ceccherini. Davvero? Si, proprio lui. Insieme hanno creato una squadra che è riuscita a costruire una storia ricca, pesante ma coraggiosa. Scritta con coerenza e cercando di colpire nell’immediato lo spettatore. Merito anche della collaborazione con persone che realmente hanno vissuto questo viaggio. I due attori senegalesi che hanno interpretato i protagonisti sono stati perfettamente capaci di trasportarti in questa vicenda, dimostrando di essere sopravvissuti all'inimmaginabile e di aver fatto di tutto per cercare di far esaudire il loro desiderio. Ovvero quello di andare al di fuori del loro difficoltoso paese, sperando di diventare qualcuno altrove (nonostante gli dissero che l’Europa non fosse meglio dell’Africa. Ma questa è un’altra questione!). Che il finale sia comunque misterioso mi è piaciuto personalmente e raggiunge perfettamente l’obiettivo della storia.

Matteo Garrone va seguito in ogni suo progetto che porta a termine e sicuramente non deluderà lo spettatore, io compreso. Ci vuole coraggio a viaggiare insieme a loro e vedere ciò che il film è riuscito a raccontare, ovvero le atrocità che esistono in quelle situazioni e in quei paesi. Ottima collaborazione tra le varie persone che hanno lavorato per questo film, dagli attori agli sceneggiatori, al montatore e all’immensa fotografia. 


  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...