sabato 9 dicembre 2023

Fino a qui tutto bene…



Recensione redatta da Valerkis

Quando un mio amico, un po' di mesi fa, mi aveva suggerito la visione di questo film, mi sono subito incuriosito. La pellicola in “bianco e nero” è stata la particolarità a cui mi sono dovuto abituare per novantaquattro minuti e rappresenta un emblema di realismo puro e crudo. Per noi della “generazione Z” è anormale vedere un film con questo aspetto, ma ritornare ad una tipologia del genere, personalmente, non dispiace e ha rappresentato perfettamente l'atmosfera presente nella vicenda.

Tre personaggi: Vinz (interpretato da Vincent Cassel), Hubert (interpretato da Hubert Koundé) e Said (interpretato da Said Taghmaoui) vivono in una periferia (chiamate banlieue) alle porte di Parigi e la vita non è certamente facile. La presenza di una gioventù annoiata e immotivata, è solo uno degli aspetti evidenti. Il quartiere è stato interessato da alcuni scontri contro le forze dell’ordine ed è accaduto che un amico dei protagonisti, è stato violentato. Così un’ipotetica vendetta è nei loro pensieri. La vicenda prende sempre più piede nell’aspetto della degenerazione e dell’ira sociale nei confronti di un sistema che ci vuole “ligi”, come pensano i protagonisti. Potrebbe essere una situazione vista e rivista in altre situazioni cinematografiche, ma è una realtà che concretamente si ripercuote a distanza di tanti anni. Comunque, a livello estetico, il film di Mathieu Kassovitz si rende unico. 

L'interpretazione dei personaggi principali è stata vera e autentica, secondo me. I tre protagonisti si rendono unici nei propri comportamenti, ma Vincent Cassel è stato sicuramente il migliore e quando vorrebbe rappresentare il perfetto sinonimo di quelle che chiamiamo “teste calde”, alla fine si riserva come un qualcuno che si copre dietro quella maschera irascibile e incontenibile. A lui conviene esprimersi cosí per manifestare la sua “filosofia di vita”. 

Pierre Aim completa una fotografia, grazie alla particolare pellicola, eccezionale e inimitabile. Riesce ad immortalare sguardi, spazi e tempi oscuri. Merito anche della regia, ci mancherebbe. 

Due note da fare: qualcuno diceva che “Scarface” di Brian De Palma è il film che detiene il record di parolacce pronunciate, mi sa che questo lo batte. Potrebbe scandalizzare qualcuno, a me no. Perché? Perché così è tutto più diretto e realistico in riferimento al contesto in cui si ritrovano i nostri protagonisti. Poi, quando Cassel si mette davanti lo specchio a dire le sue battute, è un omaggio al personaggio di Robert De Niro in “Taxi Driver” di Martin Scorsese. Palese ma anche apprezzato!

Se ripenso a tutti i film visti di questo genere, il film diretto da Kassovitz è uno dei migliori visti sicuramente. Quando il cinema francese riesce a sfornare qualcosa di singolare, effettuano un buon passo perché riescono a farlo bene. Film acclamato e pluripremiato quello di Kassovitz (che già conoscevo per la regia di “Gothika”) e sicuramente meritato per il racconto di molteplici situazioni complicate come questa e per la popolarità che è riuscito a trasmettere sia nella sua penna sia dietro la macchina da presa. Attori coordinati e perfettamente irascibili, fotografia unica ma solo tanto tanto degrado. D’altronde è stato il forte di questo film. 




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