lunedì 28 ottobre 2024

Bellezza dominante, unica e particolarmente d’effetto


Recensione redatta da Valerkis

Quando si dice "Vedi Napoli e poi muori!" un motivo c’è. Ditemi quello che volete, ma in fondo hai questa sensazione (almeno per me). Ma qui non si parla di Napoli come protagonista, ma fa da sfondo alle vicende di Parthenope. Un nome importante da attribuire ad una ragazza che dovrebbe mostrare dominanza, unicità e particolarità d’effetto in quello che dice e in quello che fa. Anche in quello che pensa, ma a cosa penserà solitamente? Non si sa, lo si scoprirà vedendo (forse). 

Parthenope (Celeste dalla Porta per la parte da giovane e Stefania Sandrelli per la parte finale) nasce a Napoli nel 1950 e in questo film viene raccontata la sua vita in grandi linee, o meglio nel pieno della sua gioventù per poi avviarsi nell’età adulta. Suo fratello Armando rimane affezionato per tutta la vita a lei e in base a dove andava, lui c’era sempre. Ma gli imprevisti sono dietro l’angolo e Parthenope deve prendere la giusta strada per decidere quale intraprendere, rimanendo incredula, incerta e sperduta in quel gran caos che si chiama appunto, vita. 

Parliamo subito di regia e sceneggiatura, curate da Paolo Sorrentino che torna dopo tre anni a dirigere un capolavoro ambientato nella sua città natale e non solo. Passerei all’analisi del film, ovviamente per come la penso. La regia assume un mutamento interessante nel corso del film, o meglio assume due macro sfumature: la prima è veloce, diretta e con tanta tecnica per introdurre quella che sarà la vera essenza della storia. Un po’ come la giovinezza, forse, così veloce per non viverla appieno. La seconda più lenta e sperduta, come Parthenope stessa. Deve decidere che strada prendere e vive ogni situazione dalla più toccante alla più soddisfacente, intraprendendo una carriera e seguendo un interesse nel risolvere un mistero che la accompagnerà per buona parte della sua giovinezza. La regia di Sorrentino è autentica in ogni sfumatura, anche con le sue tecniche indimenticabili che ci immergono nella piena corrente “sorrentiniana” della sua lavorazione. La sceneggiatura risulta equilibrata, conforme e continuativa. Fino a qui bellissimo come anche fotografia e scenografia, che sono riusciti a costruire un binomio ottimo nelle sensazioni da trasmettere con molte inquadrature solari, inquietanti e passionali. Alle colonne sonore, Lele Marchitelli incide le sue musiche perfettamente adatte nei vari momenti accompagnate dalle intoccabili canzoni di Riccardo Cocciante, Ornella Vanoni e Gino Paoli. 

Delle critiche avrei da fare, però, in particolare quando Parthenope viene orlata di pietre preziose di stampo religioso sul corpo nudo della protagonista. Per me ha rischiato di osare un po’ troppo da questo punto di vista, perché penso di avere un’idea di come la religione vada trattata nella scena in contesti conformi all’etica stessa; anche in un’altra scena avrei qualcosa da dire, nei confronti di inquadrature di un atto erotico in corso. Sarebbe stato meglio che si intravedesse soltanto, ma questa scelta finale potrebbe essere coerente al fatto di mostrare lo squallore in cui si ritrovò in quel momento Parthenope, comprendendo appieno i veri problemi e pericoli della vita.  

Direi di passare alle interpretazioni e partirei se non da lei, Celeste Dalla Porta. Alla sua prima esperienza da attrice protagonista riesce ad interpretare perfettamente un personaggio che viene descritto come ho appena fatto all’inizio dell’articolo: dominante, unica e particolarmente d’effetto. Su quest’ultimo non parlo solamente dal punto di vista seduttivo, perché la bellezza viene mostrata senza essere troppo seducenti, anzi la bellezza di Parthenope è in tutto il suo essere. Per questo Dalla Porta è riuscita molto bene nella sua interpretazione. Altro personaggio importante è il suo professore di antropologia all’università, il professor Marotta (interpretato da Silvio Orlando) che segue la protagonista e mostrandosi come un punto cardine nei suoi confronti. Orlando non delude mai. Per arrivare agli altri: la presenza di Gary Oldman (nei panni di John Cheever) che ho apprezzato pienamente; Isabella Ferrari nei panni della misteriosa Flora Malva; Luisa Ranieri nei panni di Greta Cool e per passare ai familiari e a tutte le persone di passaggio che ammiravano Parthenope come se fosse scesa una divinità in persona. Lei era la divinità, rendendosi unica nel suo splendore e con il suo vissuto caratterizzato da una gioventù che risulta dolce e amara subito dopo, perché la vita vera sono altre cose, dove le fratture tendono a dominare e questo lei lo vede ed è il “vedere” il vero senso dell’antropologia. Il vero senso della vita.

Parla di vita, questo è chiaro, ma nel pieno sentimentalismo e assumendo una filosofia d’autore unica che solo Sorrentino riesce a costituire, crescendo sempre di più registicamente e sentendosi convinto in quello che è riuscito a portare sul grande schermo e soprattutto a produrlo (lo apprezzo questo e il numero 10 nei titoli di testa, in onore di Maradona, faceva già capire il tutto) e sul discorso della produzione, ho notato come siano stati coinvolti tre paesi: Italia, Francia e Stati Uniti (Netflix incluso). Non è stato troppo sdolcinato, in fondo, perché quando ti crolla tutto viene percepito, ma riesce ad usare una delicatezza che solo un autore di cinema riesce ad intraprendere e trasmettere, seduzione inclusa. Per questo Parthenope è piaciuto e per questo va visto, per provare tante emozioni e comprendere una filosofia e una visione sulla vita e sulla bellezza mostrata appieno in ogni singolo frammento. 

P.S.: sarò pazzo, ma è possibile che dopo ventiquattro ore che avevo visto il film ancora mi tornavano in mente delle scene, senza che ci pensassi? Capolavoro, anche per questo effetto che mi ha scatenato.


mercoledì 23 ottobre 2024

Non ci siamo!

 


Recensione redatta da Valerkis

Sono già cinque anni che “Joker” di Todd Phillips è uscito nelle sale italiane conquistando notorietà, apprezzamenti e incassi al botteghino. Le aspettative iniziali erano alte per questo nuovo capitolo del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, lo ammetto, anche se sapevo si trattasse di un “musical” (vi avverto da subito). Inoltre, mi aveva colpito la scelta di Lady Gaga (nei panni di Lee) da inserire nel cast, visto che negli ultimi anni si sta affermando anche come attrice. 

Arthur Fleck (“Joker”) è rinchiuso nel manicomio di Gotham e ogni giorno è uguale all’altro con una condizione generale di trattamento veramente pessima e lui rimane coinvolto dal suo vortice di negatività e di follia, quando un giorno conosce Lee (“Harley Quinn”) e cosí il protagonista percepisce un cambiamento a livello emotivo, sentendosi meno solo e dando un senso, così, alla sua esistenza.

Todd Phillips è alla regia anche in questo film e ha co-scritto la sceneggiatura insieme a Scott Silver. Inoltre, ho apprezzato scenografia equilibrata all’ambientazione e colonna sonora perfettamente tetra nei momenti giusti, tralasciando la parte cantata dai protagonisti. Ho trovato una regia che assume più o meno la stessa etica del primo “Joker”, di fondo, ma guardando con un occhio al di là della stasi. Non ho trovato elementi troppo diversificati e rimane conforme a quell’ambiente sempre più squallido e falso. Dal punto di vista di sceneggiatura, ho trovato coinvolgente la parte del processo giudiziario nei confronti di Arthur/Joker, anche quando il protagonista assume doppia personalità e così non facendoci dimenticare quando sa essere l’uno o l’altro. Secondo me, non viene ben contestualizzato perché ad un punto decide di assumere i panni di Joker e forse questo é voluto dal punto di vista registico-scritturale, per comprendere al meglio la difficile situazione personale del personaggio interpretato da Phoenix. 

Joaquin Phoenix risulta fenomenale nell’interpretazione, come al primo film e ho apprezzato anche Lady Gaga, tutto sommato, anche se sinceramente poteva mostrarsi ancora più dominante e risultare così completa nella sua esecuzione. Insomma, le interpretazioni dei protagonisti sono ben definite nel loro complesso ma è il film di fondo che non ci sta e il motivo è ben chiaro, cosa mi ha lasciato? Nulla. Perché il continuo di questa storia non mi ha lasciato nulla? Non ho trovato entusiasmante l’introduzione e anche la conoscenza con Lee, soprattutto mediante questa scelta di fare un “musical”, ben contrastante al principio del film. Diciamo che, per me, con questo hanno voluto rendere più diretta e concreta l’immaginazione di Arthur nei confronti di Lee e di cosa poteva fare insieme a lei. Potrebbe anche andar bene, ma secondo me non è riuscito come mi aspettavo. Non è stata una coreografia unica nel suo genere e questo influisce sul mio giudizio negativo, purtroppo.

Peccato, veramente, perché mi ero affezionato su questa serie di film veramente promettente, alquanto deludente una volta girato l’angolo della strada. Da Phillips vorrei comprendere la sua ideologia nella trasposizione di questa vicenda in chiave “pop” e melodica e io non l’ho compreso perché non sono riuscito a capire il fine di una vicenda che termina in una maniera inaspettata e forse anche scontata. Questo lo posso percepire come uno sbaglio della regia, su questo fatto e non aggiungo altro. Non vorrei dire di evitare di vederlo, ma non crearsi troppe aspettative perché altrimenti rimarrete con un certo amaro in bocca, come esattamente mi è successo. 




mercoledì 9 ottobre 2024

Arriverà anche un “baby-Gru” e non solo…

 


Recensione redatta da Valerkis

Quest’anno é tornata nelle sale la saga con Gru protagonista, l’ex-cattivo che ormai è diventato un punto cardine dell’AVL (l’agenzia anti-cattivi per cui lavora) e uscendo nelle sale lo scorso 21 agosto, ha permesso di far ripartire la stagione cinematografica dopo un’estate statica, come al solito.

Gru, questa volta assume l’incarico di una missione importantissima, catturare un nuovo cattivo dal nome di Maxime Le Mal, che ha il potere di trasformarsi in scarafaggio e controllarli persino. Purtroppo Gru si accorgerà di essere in pericolo e dovrà stare sotto copertura dall’agenzia é costretto a cambiare vita, sia per lui sia per la sua famiglia, Minions inclusi.

Già dalle prime scene, ho notato come la storia in questo capitolo avrebbe preso una direzione ben specifica e anche ben evoluta dal solito. Cambiano anche gli stili nei personaggi, ma di fondo assumono sempre lo stesso carattere. Questa volta, però, ho notato che le principali figlie di Gru (Margo, Edith e Agnes), in questo capitolo, non hanno molta rilevanza e partecipazione diretta nella storia. I principali protagonisti saranno Gru, Le Mal e un nuovo personaggio che considererei misteriosa, ma con l’enfasi di diventare cattiva: Poppy, la figlia dei vicini che abitano accanto alla casa di Gru e Lucy. Anche Lucy passa quasi in secondo piano, come ruolo nella vicenda complessiva e questo significa che la saga sta avendo un mutamento radicale. I Minions rimangono conformi alla loro simpatia e partecipazione di fondo, assumendo però un ruolo fondamentale per i “Mega Minions”, chiaro riferimento ai supereroi del mondo Marvel. Anche un altro personaggio apparirà per la prima volta in questa saga: baby Gru, o Gru jr. Il piccolo Gru si presenta innocente, ma poi si scoprirà di avere una forma di atteggiamenti da cattivo e questo potrebbe far pensare al possibile continuo della saga, come il prossimo erede di Gru. Passo dopo passo, però.

Il film l’ho gradito per la sua leggerezza, in fondo, ma anche per la sua evoluzione degli eventi e dell’animazione in sé. La Illumination continua a fare passi da gigante dal punto di vista della lavorazione grafica, di sceneggiatura e regia. Alla fine, quello che ho apprezzato è stato l’intrattenimento che mi ha fatto trascorrere un’ora e mezza, più o meno, divertendosi e conoscendo un’evoluzione della storia in sé da non sottovalutare ma nemmeno da sopravvalutare. Siamo nel mezzo e assicura quella situazione, dove la saga non risulta sproporzionata e non diventa sgradevole. La colonna sonora di Pereira e Pharrell sono una garanzia, ormai, sia nelle canzoni cattive sia nelle canzoni e musiche considerate ormai solite della saga. La regia di Chris Renaud è dinamica dal punto di vista di grafica, animazione e scenografia e nel complesso segue il passo della vicenda, dando spazio ai nuovi personaggi che hanno costituito il cambiamento generale della storia ma non tralasciando l’intrattenimento che deve garantire ad ogni modo. La sceneggiatura di Mike White e Ken Daurio è buona, lineare, ma alla fine non ho neanche trovato aspetti che si rivelano particolari nella vicenda, speciali ma semplici e coerenti con la stesura di una storia da trasmettere a qualsiasi tipologia di pubblico. 

Chissà come si evolverà, sperando che la scena finale non sia un ricapitolo della saga e forse decretando la propria fine. Spero di no, in fondo.

domenica 6 ottobre 2024

Gru ha un fratello. Che ridere! (Non solo…)




Recensione redatta da Valerkis

Siamo nel 2017 e si giunge cosí al terzo capitolo, dove ho notato un orientamento della vicenda ampiamente diversificato, ma con l’obiettivo di intrattenere come un buon film d’animazione giustamente deve fare.

Gru insieme a Lucy continuano il loro lavoro nell’agenzia anti-cattivi e devono catturare Balthazar Bratt, un cattivo che ha preso troppo sul serio il suo ruolo interpretato quando era attore per una serie hollywoodiana e lo considerano come un pericolo per la società. Ma in tutto questo Gru saprà di avere un fratello e così il film si evolve tra le vicende di Gru e suo fratello e quelle dei “Minions” che si vogliono staccare dalla nuova vita del protagonista, ma si renderanno conto di non trovarsi nella giusta strada.

A distanza di quattro anni, tra il secondo e il terzo capitolo, ho notato un'evoluzione nell’animazione e nel raccontare la vicenda. La regia di Pierre Coffin, Kyle Balda e Eric Guillon è stata ben attenta a non sproporzionare i vari eventi accaduti, rendendo il film scorrevole nonostante le moltitudini di vicende. Le scene tra Bratt e il protagonista sono un omaggio alla musica pop anni ’80, con la loro “sfida dance” improvvisata. Gru e Dru sono, entrambi, dei personaggi buffi, cattivi a loro modo, ma in grado di unirsi e creare qualcosa di contrastante al male. Lucy si evolve nel personaggio come madre ma rimanendo di base la stessa conosciuta nel capitolo precedente. I “Minions” diventano per un momento indipendenti (segnale che tra il secondo e il terzo capitolo era uscito lo spin-off con loro protagonisti), seguendo la loro strada sempre insieme, ma è proprio vero che senza un capo non riescono a dare un senso alla propria esistenza. Bratt risulta essere un cattivo retrò, a vista innocente ma assolutamente credibile e invincibile. La sceneggiatura è scritta dagli stessi di sempre che migliorano ulteriormente la modalità di stesura e di descrizione delle scene. La colonna sonora con le solite firme di Pharrell e Heitor Pereira, accompagna il film in maniera proporzionata e persino sdolcinata. 

Alla produzione troviamo sempre Chris Meledandri e ancora una volta ci azzecca con questo terzo capitolo, secondo me, rendendo la storia di questa saga ancora più ricca di eventi, dinamica e con personaggi che diventano sempre più partecipi nei vari momenti che accadono all’interno della vicenda. Gru ancora si definisce un buon protagonista e con un ruolo fondamentale di agente e genitore. Sono rimasto molto colpito dall’evoluzione nell’animazione e soprattutto nell’arricchimento degli eventi che compongono una sceneggiatura considerata sempre più solida e ben ponderata, al tempo stesso. Avanti così, cara Illumination.

  Care lettrici e cari lettori, come avete potuto notare, purtroppo, nemmeno in questo mese appena concluso sono riuscito a rimanere costant...