venerdì 28 ottobre 2022

L’Archibugi e Veronesi ci fanno emozionare, ma non basta!



Recensione redatta da Valerkis

Ve lo dico subito, partirò nel pieno svantaggio. Ora vi dirò il perché. Se devo spendere due parole su Francesca Archibugi, non posso farlo. Gli unici film visti diretti da lei sono: “Il nome del figlio” visto a tratti e a primo impatto l’ho reputato pesante negli argomenti trattati (sarà una recensione futura magari). L’altro film è “Vivere” e non vi dirò niente per una futura recensione assicurata.

Parliamo di un film che sta riempiendo (o meno) il cinema italiano in questo ottobre 2022 ed è stato presentato in occasione dell’apertura del Festival del Cinema di Roma. L’Archibugi torna dopo tre anni dietro la macchina da presa e a sceneggiare insieme a Francesco Piccolo e a Laura Paolucci una storia, che qualcuno magari già conosce, grazie alla vittoria del Premio Strega 2020 da parte dello scrittore del libro omonimo da cui è tratto il film, ovvero Sandro Veronesi. Parto svantaggiato inoltre perché non ho letto il suo libro e sicuramente quello raccontato nel romanzo non è proprio identico alla sceneggiatura adattata da Archibugi, Piccolo e Paolucci. Per questo mi esprimerò solamente per ciò che ho visto.

Il trailer e l’inizio mi hanno trasmesso buone possibilità nel vedere un racconto potente, cioè ricco di emozioni e, perché no, di colpi di scena alternando drammaticità e semplicità nel dirigere questa vicenda. Come è andata invece? Partiamo dal protagonista Marco Carrera (interpretato da Pierfrancesco Favino), un medico che ha vissuto la propria vita tra amori, discussioni e speranze nell’età adolescenziale e pre-adulta per poi trascorrere una vita adulta risultata tormentata e complicata, insomma non come se la immaginava da ragazzo. Tre persone hanno segnato in maniera significativa la sua vita, anzi quattro: Luisa Lattes (interpretata da Bérénice Bejo), Marina Molitor (interpretata da Kasia Smutniak), Adele Carrera (interpretata da Benedetta Porcaroli, nell’età adulta) e quello che per me è stato il mio personaggio preferito in questa storia, Daniele Carradori (interpretato da Nanni Moretti). Questi personaggi sono stati importanti per Marco, in ogni parte della sua vita: in quella sentimentale, in quella prosperosa e in quella difficile. Nel corso della vicenda, Carradori è stata una figura aiutante nella vicenda, soprattutto per il protagonista e il personaggio interpretato dalla Smutniak. Ve lo dico da subito, vedere Nanni Moretti interpretare quella parte, in determinate scene, ho rivisto troppo il personaggio del suo film “La stanza del figlio” (la recensione la porterò sicuramente, promesso e scusatemi l’eventuale “spoiler”, ma tutto questo lo capirà solo chi avrà visto quel meraviglioso film). Bravo Nanni!

Altro da dire? Per quanto riguarda la storia, non vorrei dirvi troppo, giusto che il protagonista è stato coinvolto in tanti eventi e fatti i quali hanno condizionato la sua vita, sentimentalmente e non, anche grazie a quelle persone citate prima risultate significative nel proprio percorso.

Per quanto riguarda il cast, abbiamo a che fare con buona parte degli attori attuali italiani. Tutti magicamente bravi, da Favino il quale è riuscito a interpretare un protagonista inizialmente orgoglioso di vivere e per poi spegnersi lentamente diventando passivo nella realtà che lo circondava; alla Smutniak, splendida nelle sue delusioni e rabbie; alla Bejo, dove in qualche modo si è resa sempre disponibile nel riempire il vuoto di Marco; a Laura Morante (interpretante la mamma di Marco) che ancora a 66 anni riesce a rimanere la stessa di quaranta, se non cinquant’anni fa quando era ancora una giovane e affascinante attrice capace di interpretare ogni tipo di personaggio e per arrivare a rinnovare la mia gratitudine ad un immenso Nanni Moretti, passando successivamente alla Porcaroli, a Sergio Albelli (intepretante il padre di Marco), Alessandro Tedeschi (interpretante il fratello di Marco), Fotinì Peluso (interpretante la sorella di Marco) e ad un inaspettato Massimo Ceccherini (interpretante un amico del periodo giovanile di Marco; vi prego non pregiudicate male su di lui prima di guardare il film. Guardatelo e poi ne riparliamo).

Cosa mi ha trasmesso il riadattamento dell’Archibugi inerente alla storia di Veronesi?

Partiamo da una cosa fondamentale: un evidente buon rapporto con la fotografia firmata da Luca Bigazzi (vincitore del David di Donatello per i film “La Grande Bellezza”, “Pane e Tulipani”, “Le conseguenze dell’amore”, “Romanzo Criminale” e tanti altri…) direi pienamente azzeccata soprattutto per le riprese nella località della spensieratezza e della bella stagione, dove i colori e le luci sono forti e vivi. Sto parlando della località dove è stata girata la storia del protagonista nell’età fertile e pre-adulta. La fotografia delle riprese effettuate nelle città ha fatto assumere quella monotonia nella quale sono stati coinvolti i protagonisti, confermando il buon lavoro firmato Bigazzi. Ma lì, in quel mare, in quella spiaggia…ho percepito quella leggerezza e freschezza, come d’altronde agivano i protagonisti e sembrava svolgersi la vicenda, per poi piovere, oscurarsi e vedere ribaltarsi tutto. Ho notato come l’Archibugi ha giocato molto con il “flash-back” e devo capire e analizzare meglio se questo è stato frequente anche nel romanzo. Ma non credo cambierà il mio pensiero sul film che vi sto recensendo, perché il “flash-back” va usato e gestito non bene, di più e il motivo sta nel fatto di calcolare l’eventuale disattenzione da parte del pubblico perché se si perde un minimo nella comprensione bisognerà premere il pulsante STOP e RESTART. Fidatevi! Il potenziale c’è, perché la storia è bella e sceneggiata anche in maniera abbastanza decente, facendo percepire la drammaticità generale che la vicenda doveva trasmettere assistendo così ad una storia ricca di emozioni in ogni sfaccettatura per arrivare in un momento dove mi colpisce, in particolare, nel vedere un Favino statico e passivo. Lì solo una parola mi è saltata in mente: “tristezza”. Perché prima ho detto “sceneggiata in maniera abbastanza decente”? Perché riflettendo, ho notato qualche buco inaspettato, devo dire anche spiacevole, rendendo il film quasi incomprensibile ma per fortuna è durato molto poco!

Però peccato davvero, ribadendo anche la questione dei “flash-back” che magari potevano essere gestiti meglio, facendo assicurare il mio pieno apprezzamento, ma sarà parziale anche se collocato oltre “il 50%”.

Comunque sia, parliamo di un film eseguito non da una principiante ma da una persona che lavora nel cinema dagli anni ottanta, mostrando così la sua capacità (buona o discreta) nel dirigere ogni minimo particolare. Dove si può notare un eventuale “tocco femminile”? Non posso dirlo, dovrei seguire per un po’ la sua filmografia e ne potremo riparlare. Ma se dovessi proprio rispondere? E dove sarebbe presente in questo film? Forse le emozioni, sono state risaltate parecchio e in questo le donne riescono benevolmente. Sono decisamente più sensibili di noi uomini!

Comunque il gioco del “flash-back” andava gestito meglio ed è stato un vero peccato, perché tutto sommato è un film che merita di essere visto e di percepire ogni singola emozione trasmessa da parte di ogni elemento contribuente alla realizzazione di questo film: attori, sceneggiatori, regista e ovviamente il padre di questa storia, Sandro Veronesi che insieme a Francesca Archibugi hanno lasciato allo spettatore quello che dovevano: emozioni su emozioni.

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